Su Internet e in Internet se ne sono scritte tante: dovrebbe consolarci il fatto che pressocchè la totalità delle "minacce" del 2010 sono rimaste soltanto tali (quanto meno in Italia). O forse dovrebbe preoccuparci, perchè è l'ennesima riprova che in questo paese più che in altri si fanno tante chiacchiere e pochi fatti. Nel bene e nel male.
L'augurio per il 2011 è che "il regno della possibilità" possa tramutarsi nel regno della realtà.
"Cosa ha fatto lei per cambiare il mondo?" "Beh Trevor, la notte dormo bene, faccio una colazione abbondante, arrivo sempre puntuale e poi passo la palla a voi"
La norma che segna la fine dell'obbligo di preventiva identificazione di chi si connette ad un hot spot pubblico e che segna altresì la fine di una serie di obblighi di conservazione dei dati a carico degli Internet Point (ma non della licenza del questore per aprire l'attività) è contenuta nell'articolo 2, comma 19:
"19. All'articolo 7 del decreto legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: «fino al 31 dicembre 2010, chiunque» sono sostituite dalle seguenti: «fino al 31 dicembre 2011, chiunque, quale attività principale,»; b) i commi 4 e 5 sono abrogati."
Altra notizia: sul sito dell'AGCOM è disposinibile il testo della consultazione pubblica sul provvedimento concernente l'esercizio dei poteri dell'autorità nell'attività di tutela del diritto d'autore nelle reti di comunicazione elettronica: a proposito di open gov, è una buona occasione per aiutare l'autorità pubblica a decidere in maniera ponderata.
Penso che invierò alcune osservazioni. Se qualcuno avesse voglia di stilare un documento comune si faccia vivo... o taccia per sempre :-)
E' più che un'indiscrezione. Nel milleproroghe approvato ieri in CdM c'è il superamento dell'attuale normativa che impone la previa identificazione di chi si connette ad un hot spot pubblico. Niente più obbligo di presentare un documento d'identità o di autenticarsi via sms quando si accede ad un'area wi-fi messa a disposizione del pubblico (ovviamente il gestore è libero di mantenere tale obbligo).
Il decreto, in compenso, proroga di un anno l'obbligo di licenza per gli Internet Point (solo per coloro che esercitano in modo prevalente tale attività).
Dunque, finalmente, è chiaro a tutti che le disposizioni sul wi-fi non non erano nè sono mai state transitorie (lo sostengo da due anni).
Sono sicuro che tutti coloro che in questi giorni hanno "punzecchiato" il Ministro dell'Interno rimproverandogli di aver "bluffato" avranno l'onestà intellettuale di scrivere, negli stessi spazi e con lo stesso risalto, che si erano sbagliati.
L'ho già scritto e lo ripeto: se questi sono i nemici della Rete, che Dio ce li conservi in buona salute.
Buon wi-fi libero a tutti.
Updated: lodi, lodi, lodi a Vittorio Zambardino che sul suo blog ha con grande franchezza dato atto che per una volta a pensar male (oltre a far peccato... di Andreottiana memoria) non ci si è preso.
"Deve ritenersi la insussistenza del contestato reato di furto, condividendo il Collegio il principio già espresso da questa Corte secondo cui è da escludere la configurabilità del reato di furto nel caso di semplice copiatura non autorizzata di "files" contenuti in un supporto informatico altrui, non comportando tale attività la perdita del possesso della "res" da parte del legittimo detentore... (omissis)... i dati e le informazioni non sono compresi nel concetto, pur ampio, di "cosa mobile"... (omissis) la sottrazione di dati quando non si estenda ai supporti materiali su cui i dati sono impressi altro non è che una "presa di conoscenza" di notizie, ossia un fatto intellettivo, rientrante, se del caso, nella violazione dei segreti".
Se tutti gli altri cable hanno la stessa "autorevolezza" c'è da preoccuparsi.
Il passaggio finale è meraviglioso perchè evidenzia quali siano le fonti su cui il corrispondente ha formato la propria opinione e sulla base delle quale manifesta le proprie preoccupazioni:
"16. (C) Advocates of Internet freedom have repeatedly warned us that Italy's traditional elites -- on both sides of the political spectrum -- are very uncomfortable with the Internet's ability to bypass the traditional media that they control. Becasue this new bill seems to address these kinds of concerns, and because it also serves Berlusconi's business interests, it is conceivable that this seemingly improbable legislation might actually come into force in Italy. We note that officers from SKY have told us that Deputy GOI Minister Romani (for whom the new bill is named) has been leading efforts within the GOI to help Berlusconi's Mediaset and to put SKY at a disadvantage. This represents a familiar pattern: Berslusoni and Mediaset have been using government power in this way ever since the days of Prime Minister Bettino Craxi. In addition, this bill would set precidents that nations such as china could copy or cite as justification for their own crackdowns on free speech."
Insomma, la blogosfera italiana (quella secondo la quale sono anni che viviamo in dittatura) e SKY, il principale concorrente di Mediaset.
A questo punto echeggia inquietante la celebre frase attribuita a a Gobbels: "Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità".
Sul numero 4/2010 di Ciberspazio e Diritto, storica rivista scientifica di Informatica Giuridica (uso il termine nell'accezione più ampia, quella che preferisco) è stato pubblicato un mio articolo dal titolo "Il rapporto tra informatica e diritto: passato, presente e futuro".
Altra cosa: riflettevo sulle parole di Giovanni Maria Riccio (professore associato di diritto comparato e collega con cui ho avuto modo di scambiare qualche battuta a distanza) sullo stato dell'arte dell'informatica giuridica in Italia ("Servirebbero più articoli “accademici” e meno post sui blog. So che molti storceranno il naso, ma ne sono fermamente convinto... Opinioni per lo più scritte con la mano sinistra, senza citare alcuna fonte (salvo rarissime eccezioni). Eppure ci sarebbero tante cose da dire, magari con un minimo di rigore in più, provando a ragionare sui principi e non limitandosi a segnalare l’ultimissimissima sentenza del giudice di pace di Montesperso").
Ha ragione. Ha proprio ragione.
Non perchè i blog giuridici (come questo nel suo piccolo) non abbiano utilità ma perchè è indubbio che diventino estremamente pericolosi quando dispensano soluzioni preconfezionate e volutamente parziali al solo scopo di soffiare sul fuoco della polemica.
Non si può pretendere da un blog rigore scientifico, ma si deve pretendere che non finga di averlo, almeno questo si. Alla televisione (e alle sue esagerazioni) siamo vaccinati, ad Internet molto meno.
Segnalazioni: è disponibile il file PDF del nuovo libro di Simone Aliprandi, "Apriti standard! Interoperabilità e formati aperti per l'innovazione tecnologica". L'argomento è di grande interesse e lo caricherò subito sul mio ebook reader :-)
Sveglio di buon'ora pur essendo giorno di festa ho letto un pò di cose in giro su Wikileaks, l'arresto di Assange e sul valore dei documenti pubblicati.
Mi ha colpito questo post di Zambardino (con cui sono spesso in disaccordo e che proprio per questo leggo più degli altri).
Mi ha fatto venire in mente il discorso che l'Andreotti del film "Il Divo" (ho recuperato il video da YouTube) pronuncia in una sorta di confessione onirica: "...tutti irriducibili amanti della verità, tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disennescate col silenzio finale... tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta e invece è la fine del mondo e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta, abbiamo un mandato noi, un mandato divino... bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene".
Le relazioni internazionali sono fatte così. Gli irriducibili amanti della verità ora lo sanno.
Per carità la proposta arriva da uno dei luminari del diritto, il Prof. Stefano Rodotà (che, per inciso, è ordinario di diritto civile e non un costituzionalista, come scrive, Wired... la differenza non è di poco conto), ma questa non è ragione sufficiente per trasformarla nell'ennesima campagna di marketing che, dopo aver strumentalizzato il premio nobel per la face, finisce per strumentalizzare la nostra Costituzione in nome di qualche copia da vendere in più.
Ci sono cose di fronte alle quali occorrerebbe avere ben altro rispetto: la Costituzione è tra queste.
P.s.: non entro nel merito della proposta di Rodotà: la considero un'utile provocazione ed occasione di approfondimento sulla costituzionalizzazione delle tecnologie da svolgere nelle sedi opportune. Non tutto si presta ad una petizione online.
L'amico Giorgio Rognetta pubblica sul suo blog il testo dello schema di decreto legislativo recante modifiche al Codice dell'Amministrazione Digitale.
Dopo una prima veloce lettura, il mio auspicio è che lo schema rimanga tale e che l'attuale situazione politica impedisca a quello scempio di diventare norma cogente nel nostro ordinamento.
Raramente mi è capitato di leggere un provvedimento normativo così incomprensibile: vogliamo parlare, ad esempio, della distinzione che si vorrebbe introdurre tra "copia informatica di documento analogico" e "copia per immagine su supporto informatico di documento analogico"?
Il testo è pieno di mille altre chicche.
In estrema sintesi, è incomprensibile per gli operatori del diritto, inattuabile per le amministrazioni, di una complessità estrema per il cittadino o l'impresa che su quelle norme dovrebbero basare il proprio agire digitale.
L'unica speranza è che si tratti di uno scherzo e che, come nella nota trasmissione televisiva, al termine della relazione di accompagnamento si possa leggere: "Sorridi, sei su scherzi a parte".
Google, tramite il suo blog, fa sapere che sta per adottare dei cambiamenti nella policy dei propri servizi per "far funzionare meglio il copyright online".
Se è vero che i servizi sono ormai globali, soprattutto quelli erogati in rete, non lo stesso può dirsi per la regolamentazione giuridica che resta frammaentata e, per molti aspetti, limitata ad ambiti nazionali.
Ed allora sorprende (o, meglio, diviene occasione per riflettere) che una parte delle ricette per "far funzionare meglio il copyright online" proposte da Google passi attraverso una migliore implementazione del Digital Millennium Copyright Act che è una legge statunitense e, dunque, trova applicazione limitatamente al territorio degli Stati Uniti d'America.
Mettiamo che io carichi su questo spazio che utilizzo come cliente di Google del materiale che un terzo ritenga violi il suo diritto d'autore.
Mettiamo che quest'ultimo invii una segnalazione a Google chiedendo la rimozione del materiale.
Mettiamo che Google, aderendo al dettato della normativa statunitense, mi chieda se ritenga opportuno far perverire una counter-notice (istituto non trova albergo nel nostro panorama normativo).
Mettiamo che alla mia counter-notice l'asserito titolare dei diritti non replichi.
A questo punto Google cosa fa? Ripristina il contenuto rimosso? E su quale base? Perchè se la normativa applicabile, come ritiene la nostra giurisprudenza, è quella del luogo di utilizzazione/percezione e non quello di stabilimento dei server, allora non c'è dubbio che lil DMCA non possa trovare applicazione.
La nostra normativa non conosce il meccanismo del notice and take down. Il risultato è che ripristinando il materiale rimosso a quel punto google opererebbe come content provider (rispetto a quel materiale) e non più come hosting provider.
Probabilmente è necessaria qualche riflessione in più. A servizi globali non corrispondono necessariamente regole globali.
questo il testo del Progetto di Legge 2962, presentato alla Camera dei Deputati dall'on. Cassinelli in data 19 novembre 2009:
"1. L’articolo 7, comma 4, della legge 31 luglio 2005, n. 155, di conversione del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, è sostituito dal seguente: « 4. Con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro della pubblica amministrazione e innovazione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le misure che il titolare o il gestore di un esercizio in cui si svolgono le attività di cui al comma 1 è tenuto ad osservare per il monitoraggio delle operazioni dell’utente e per l’archiviazione dei relativi dati, anche in deroga a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 122, e dal comma 3 dell’articolo 123 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonché le ipotesi in cui si renda necessaria la preventiva identificazione, anche indiretta, dei soggetti che utilizzano postazioni pubbliche non vigilate, ovvero punti di accesso pubblici a tecnologia senza fili, per accedere alla rete internet, specificando fra le modalità di identificazione del soggetto almeno un’ipotesi che prescinda dall’identificazione fisica del medesimo ».
E questo è il testo dell'emendamento al c.d. pacchetto sicurezza presentato dall'on. Palmieri qualche giorno fa:
"2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con decreto del Ministro dell'interno, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le ipotesi in cui si rende necessario il tracciamento di dati identificativi del dispositivo utente o la preventiva identificazione, anche indiretta, dei soggetti che utilizzano postazioni pubbliche non vigilate, ovvero punti di accesso pubblici a tecnologia senza fili, per accedere alla rete internet. 3. Le modalità di controllo dei dati previsti dal codice di procedura penale e dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ed il controllo sull'osservanza del decreto di cui al comma 1 sono effettuati dal Ministero dell'interno."
Update: l'emendamento in questione è stato dichiarato inammissibile.