giovedì, dicembre 02, 2010

Google e la globalizzazione del diritto

Google, tramite il suo blog, fa sapere che sta per adottare dei cambiamenti nella policy dei propri servizi per "far funzionare meglio il copyright online".

Se è vero che i servizi sono ormai globali, soprattutto quelli erogati in rete, non lo stesso può dirsi per la regolamentazione giuridica che resta frammaentata e, per molti aspetti, limitata ad ambiti nazionali.

Ed allora sorprende (o, meglio, diviene occasione per riflettere) che una parte delle ricette per "far funzionare meglio il copyright online" proposte da Google passi attraverso una migliore implementazione del Digital Millennium Copyright Act che è una legge statunitense e, dunque, trova applicazione limitatamente al territorio degli Stati Uniti d'America.

Mettiamo che io carichi su questo spazio che utilizzo come cliente di Google del materiale che un terzo ritenga violi il suo diritto d'autore.

Mettiamo che quest'ultimo invii una segnalazione a Google chiedendo la rimozione del materiale.

Mettiamo che Google, aderendo al dettato della normativa statunitense, mi chieda se ritenga opportuno far perverire una counter-notice (istituto non trova albergo nel nostro panorama normativo).

Mettiamo che alla mia counter-notice l'asserito titolare dei diritti non replichi.

A questo punto Google cosa fa? Ripristina il contenuto rimosso? E su quale base? Perchè se la normativa applicabile, come ritiene la nostra giurisprudenza, è quella del luogo di utilizzazione/percezione e non quello di stabilimento dei server, allora non c'è dubbio che lil DMCA non possa trovare applicazione.

La nostra normativa non conosce il meccanismo del notice and take down. Il risultato è che ripristinando il materiale rimosso a quel punto google opererebbe come content provider (rispetto a quel materiale) e non più come hosting provider.

Probabilmente è necessaria qualche riflessione in più. A servizi globali non corrispondono necessariamente regole globali.

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7 Commenti:

Alle 9:54 AM , Anonymous G.C. ha detto...

A mio avviso la storiella va raccontata in questa maniera:
Mettiamo che io carichi su questo spazio che utilizzo come cliente di Google del materiale che un terzo ritenga violi il suo diritto d'autore.
Mettiamo che quest'ultimo invii una segnalazione a Google chiedendo la rimozione del materiale.
Mettiamo che Google, temendo di incorrere in responsabilità ex art.2050 in combinato disposto con gli artt.16 e 17 del D.Lgs.70/2003 (trattandosi di materiale inequivocabilmente in violazione delle norme della L.633/1941), mi chieda se ritenga opportuno far pervenire una spiegazione per iscritto sul perchè io abbia uploadato quel contenuto (in quanto in virtù dell'art.1373 c.c. Google, ravvisando illiceità nella mia condotta, potrebbe recedere dal contratto e sospendermi l'account).
Mettiamo che alla mia spiegazione l'asserito titolare dei diritti non replichi.
A questo punto Google cosa fa?
Può decidere di ripristinare il contenuto rimosso e, se il titolare dei diritti gli fa causa, chiamarmi in garanzia ex art.106 c.p.c. dicendo che ha avuto da me quella spiegazione che, a suo giudizio, ha ritenuto condivisibile (chiedendo tuttavia di essere da me manlevato da ogni conseguenza pregiudizievole).
Oppure, se ritiene che il contenuto che ho uploadato sia manifestamente illecito, decidere di non ripristinarlo e di bloccarmi l'account (salva l'azione di risarcimento danni in caso di conseguenze pregiudizievoli per lesioni dei diritti dei titolari di diritti già medio tempore avvenuti).
Come vedi il risultato è lo stesso di quello previsto nel DMCA.

G.C.

 
Alle 11:00 AM , Blogger Marco Scialdone ha detto...

Caro Giueppe questa volta non sono assolutamente d'accordo con il tuo ragionamento, non perchè non possa essere fondato ma perchè finisce per confondere due piani diversi.

Una cosa è la disciplina pubblicistitca dettata dal DMCA (e dalla nostra direttiva 2000/31) e una cosa la regolamentazione contrattuale del servizio.

Google ritiene di poter applicare una legge (il DMCA) che non può essere applicato ad un utente italiano.

Soprattutto pretende di uniformare la propria condotta a regole che non esistono nel nostro ordinamento.

Tutto quello che scrivi è corretto ma porta alla conclusione che google vorrebbe evitare implementando il DMCA, ovverosia quello di essere chiamato in giudizio come content provider.

Nella tua ricostruzione, pur rimanendo indenne sotto il profilo risarcitorio, verrebbe fuori esattamente in quel modo.

 
Alle 2:53 PM , Anonymous G.C. ha detto...

Marco, non dimenticare che al momento in cui ti iscrivi ad un servizio Google accetti, ai sensi e per gli effetti dell'art.57 della L.218/1995, che richiama la Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (il cui primo e principale criterio di collegamento è rappresentato dalla volontà delle parti), anche la lex contractus stabilita da Google ed il diritto materiale applicabile oggettivamente e soggettivamente alla fattispecie.
Se il diritto materiale applicabile non è contrario a norme di ordine pubblico (e non c'è motivo di crederlo atteso che la disciplina interna, pur se differente, si attaglia perfettamente a quella del DMCA, come ho scritto sopra) l'interpretazione del contratto e del rapporto dovrà avvenire sulla scorta degli elementi che presentano significative connessioni fra i diversi sistemi giuridici nazionali (e mi pare di aver dimostrato sopra che ce ne sono a sufficienza).
La conclusione della storiella, inevitabilmente, sarà quella che anche tu hai rappresentato in calce al tuo post: ovverosia che Google (per sua stessa scelta) potrà essere chiamato in giudizio come "content provider".
Poi la cosa più divertente, per noi pratici, sarà vedere come verranno scritti i "terms of service" ed individuare tra le righe i buchi neri del meccanismo procedurale di fatto adottato (alcuni dei quali già ora me li immagino).

G.C.

 
Alle 3:05 PM , Blogger Marco Scialdone ha detto...

Ancora una volta mi trovi in disaccordo. Non perchè quello che dici non sia tecnicamente possibile (ovviamente lo è) ma nel caso di specie, il contratto che io sottoscrivo con Google dice espressamente:

"14.6 I presenti Termini e la relazione dell’utente con YouTube sono soggetti alla legge italiana. Le parti concordano che qualsiasi questione legale derivante dai Termini sarà devoluta alla competenza esclusiva dei Tribunali italiani. Fatto salvo quanto sopra, YouTube sarà comunque autorizzata a richiedere provvedimenti monitori o cautelari (od equivalenti provvedimenti d’urgenza) in qualsiasi giurisdizione."

Allora mi pare evidente che le parti abbiano scelto la normativa italiana come applicabile a questo contratto e la giurdisdizione italiana come competente a decidere sulle controversie (sulla base della legge italiana).

Che c'entra allora il DMCA?

Si può dire che quella previsione normativa venga contrattualizzata. Ma proprio perchè diventa legge tra le parti e solo tra loro, espone Google a conseguenze (diventare content provider) che, evidentemente, voleva evitare con quel richiamo.

 
Alle 4:09 PM , Anonymous G.C. ha detto...

Quoto il tuo ultimo paragrafo e rinvio alla voce "Tafazzi":
http://it.wikipedia.org/wiki/Tafazzi

G.C.

 
Alle 7:31 PM , Anonymous G.C. ha detto...

Il cerchio si chiude; leggi qui a pag.2:
http://www.agcom.it/Default.aspx?message=visualizzadocument&DocID=5382
A questo punto rettifico il mio giudizio sulla scelta di Google: non sono degli autolesionisti ma sono dei grandi opportunisti.
Quella bozza di regolamento AGCOM calza a pennello per Google e per qualsiasi altro "content provider" che si nasconde dietro la autodefinizione di "hosting provider". Per questi ISPs la procedura adottata nella bozza di regolamento AGCOM li protegge da contenziosi giudiziali e relativi costi (essendo devoluta all'autorità amministrativa la procedura di "notice and takedown" che presumo avverrà a costo zero) e li rende arbitri di lasciare od oscurare il materiale oggetto di segnalazione. Nella pratica avverrà che oscureranno i contenuti palesemente illeciti uploadati dai piccoli utenti (che nella maggior parte dei casi non contrasteranno le loro decisioni, non avendo nè forza contrattuale, nè risorse finanziarie, nè una decisa volontà per farlo) e negozieranno soluzioni "ad hoc" con i grandi utenti, ottenendo in ogni caso il risultato di risparmiare in costi per contenzioso (evitando di andare in giudizio) e di diventare di fatto i nuovi censori digitali (sulla cui terzietà ed imparzialità credo sia lecito avere più di un dubbio).
In definitiva Google et similia stanno barattando uno status fittizio (quello di "hosting provider", che già da tempo hanno abbandonato) con una reale, efficace ed autodeterminata esenzione di responsabilità, scaricando tutti gli effetti pregiudizievoli sugli utenti.
Credo sia necessario partecipare alla consultazione pubblica e mettere in chiaro alcuni aspetti.

G.C.

 
Alle 11:14 AM , Anonymous Morena ha detto...

Ciao Marco,
la procedura stupisce anche me, e spero di aver modo di parlarne con i diretti interessati.
Tu giustamente lamenti l'assenza del meccanismo del 'notice and take down' nella normativa italiana....beh, come vedi l'AGCOM ha pensato di accontentarti!
A me personalmente la soluzione non piace: la riflessione va fatta a più ampio raggio, e non pensando semplicemente ai meccanismi tecnici per impedire la diffusione di determinati contenuti.
Se non erro nella bozza - finchè non vedo il documento ufficiale mi ostino a chiamarla tale - si citavano anche le 'licenze collettive estese', e questo sì sarebbe un grande passo avanti.
Ne sai qualcosa di più?
Un caro saluto.
Morena

 

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