Nonostante sia stato detto e ridetto, continuano a circolare in rete notizie false - vi prego, non inoltrate email che vi arrivano su questa storia! - circa l'avvenuta approvazione del c.d. emendamento D'Alia (qui il testo allora presentato).
L'emendamento in questione è stato soppresso nel passaggio alla Camera del Ddl Sicurezza.
Ora il provvedimento è tornato al Senato, dove le Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia hanno concluso l'esame il 24 giugno senza approvare alcun emendamento.
Il disegno di legge passa all'esame dell'aula, dove è fissato per le ore 11 di martedì il termine per la presentazione di emendamenti.
Ad ogni modo se non credete a quanto sopra, fidatevi delle parole di D'Alia che ha presentato e fatto approvare dal Senato un ordine del giorno nelle cui premesse è dato leggere:
"premesso che: la Camera dei deputati durante l'esame in Commissione in sede referente ha soppresso l'articolo 60 del disegno di legge in materia di sicurezza pubblica recante disposizioni per la repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o di attività illecite compiuta a mezzo internet".
avviare un tavolo tecnico per l'esame e la valutazione degli strumenti tecnologici volti ad assicurare una maggiore sicurezza della rete internet in collaborazione con le istituzioni dell'Unione europea, con la partecipazione di università, enti di ricerca, con il Registro italiano del ccTLD.it, con organismi che collaborano a livello internazionale per il coordinamento delle risorse di internet e con associazioni di categoria dei prestatori dei servizi della società dell'informazione;
implementare le forme di collaborazione con istituzioni e organismi dell'Unione europea ed in particolare con l'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione;
monitorare la corretta applicazione delle normative richiamate promuovendo, ove se ne ravvisi la necessità, le modificazioni o integrazioni ritenute opportune ai fini di una maggiore efficacia delle stesse.
"And I'm just trying to survive What if what you do to survive Kills the things you love Fear's a powerful thing, baby It can turn your heart black you can trust It'll take your God filled soul And fill it with devils and dust" (B. Springsteen, Devils and Dust)
Jason Mazzone, in una pubblicazione del 2006, usò il termine "Copyfraud" per riferirsi al crescente fenomeno delle rivendicazioni infondate da parte dei titolari di diritti circa presunti abusi commessi a loro danno da terzi.
In particolare, Mazzone faceva riferimento a rivendicazioni che andavano al di là di quanto previsto dalla legge, ad esempio perchè l'uso contestato era coperto da una specifica eccezione, o perchè si trattava di materiale ormai nel pubblico dominio e così via.
Il Copyfraud era da imputarsi, secondo lo studioso americano, all'assenza di sanzioni, tanto sul piano civile che su quello penale, per chi tenesse una simile condotta.
Accanto al Copyfraud (e come sua diretta conseguenza) si sta facendo strada, anche nel nostro paese, quella che potremmo chiamare "Copyfear", ovverosia la minaccia del procedimento penale quale strumento di "convincimento" da parte dei titolari dei diritti per costringere il malcapitato di turno a corrispondere un compenso che, altrimenti, non sarebbe dovuto.
Nel lontanto 1992, la Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. I, 27-11-1992, n. 12680) affrontò un caso relativo al pagamento dei diritti per la diffusione musicale televisiva di opere protette in relazione a 40 televisori installati nelle camere dei degenti di una casa di cura.
La sentenza in questione affermò che nessun pagamento poteva essere preteso.
Tuttavia l'aspetto più interessante lo si trova nella parte riepilogativa dello svolgimento del processo dove è dato leggere: "Con citazione 6 ottobre 1983 la Casa di cura XYZ s.r.l. - premesso che la Società Italiana Autori ed Editori (SIAE) aveva preteso il pagamento dei diritti per la diffusione musicale televisiva delle opere tutelate, in relazione a n. 40 televisori installati nelle camere dei degenti - conveniva la SIAE innanzi al Tribunale di Roma per la declaratoria d'inesistenza delle pretesa di controparte e la restituzione della somma di L. 1.232.420, che, al solo scopo di evitare la denuncia penale, aveva pagato".
Avevano pagato per paura, perchè il procedimento penale costa ed è infamante, con una logica che ha poco a che fare con il diritto e molto con il "pizzo": paga e non avrai problemi.
E' la stessa logica sottesa ad altre recenti iniziative volte a svuotare di contenuto la copia privata, fino a trasformarla in una copia "privatissima", quasi domestica, nostante la giurisprudenza, nei casi affrontati, si sia sempre mostrata di diverso avviso.
Ma a che serve avere un diritto quando la spoporzione delle forze in campo è così ampia? Perchè fare gli eroi quando versando un obolo si può stare tranquilli?
Del resto come canta B. Springsteen "La paura è qualcosa di potente, può far diventare nero il tuo cuore, puoi fidarti".
Vi squilla il cellulare? Vi serve una licenza... secondo ASCAP
Pare che il senso del ridicolo (e quello della dignità personale e professionale) sia del tutto assente in certi ambienti. In quelli del Copyright più che in altri.
Come reagireste, infatti, se in un atto giudiziario (non, dunque, in un articolo giornalistico, in un'intervista, in un dibattito) trovaste scritto questo: "When a ringtone rings in "public", it is undeniably a "public performanceas those terms are defined in the Copyright Act" (trad. "Quando una suoneria squilla in pubblico, si tratta innegabilmente di una pubblica esecuzione per come questi termini sono definiti nel Copyright Act")?
L'atto in questione, firmato dai legali di ASCAP (American Society of Composers, Authors and Publishers), è relativo ad una controversia con AT&T che ha del grottesco: si vorrebbe che i gestori di telefonia mobile pagassero non solo per consentire ai propri clienti di scaricare le suonerie, ma anche per il fatto che poi queste possano suonare in pubblico realizzando così una pubblica esecuzione del brano.
Secondo me occorrerebbe subito aprire un nuovo fronte.... cantare sotto la doccia a casa può anche andare bene, ma che uno canticchi facendo la doccia in spiaggia, dopo un rigenerante bagno in mare, mi pare assolutamente intollerabile... ce vò la licenza!
Mentre scrivo sta parlando Giorgio Spedicato, il tema è quello della Net Neutrality. Davvero ottime le sue considerazioni su deep packet inspection e principio di irresponsabilità degli access provider... una cosa su cui fermarsi a riflettere. A mio avviso sarebbe da considerare altresì se possano continuare a beneficiare di analogo trattamento gli hosting provider allorquando filtrino attraverso tecnologie software i contenuti uploadati e, dunque, non possano considerarsi meramente "terzi" rispetto ad essi.
Una bella mattinata di discussione su Internet, libertà di manifestazione del pensiero e diritto d'autore.
Si è parlato di P2P e licenze collettive estese, pirateria (ottima la proposta di Giovanni Ziccardi di espungere questo termine dal vocabolario tecnico/giuridico), contenuti generati dagli utenti, usi trasformativi.
E ancora, Ddl intercettazioni e obbligo di rettifica dei siti informatici.
Un pò di rammarico per non aver potuto seguire i lavori delle conferenza nella giornata di ieri.
Con qualche giorno di ritardo, riprendo l'inziativa cui gli amici Guido Scorza ed Ernesto Belisario stanno lavorando in queste ore e che attiene il DDL Intercettazioni, di recente approvato alla Camera e che ora aspetta il passaggio al Senato.
Nel disegno di legge in questione c'è, tra le altre cose, una norma suscettibile, per il modo in cui è scritta, di critica da parte di chiunque abbia a cuore la spontaneità dell'informazione in Rete. Si prevederebbe (uso il condizionale perchè personalmente non sono d'accordo con questa interpretazione) un'estensione dell'obbligo di rettifica (con annesse sanzioni) a tutti i "siti informatici".
Solo che questa volta si tratta di un sito cinese che vende merce che si sostiene essere contraffatta.
Il provvedimento emesso dal GIP di Treviso è in tutto e per tutto identico a quello che suscitò indignazione e polemica nel caso The Pirate Bay: un sequestro attuato tramite inibizione all'accesso dall'Italia, chiamando in causa i provider e chiedendo loro di rendere inaccessibile il dominio in questione, www.belstaffuk. com (al momento ancora raggiungibile).
Chissà se huang jianhai (il nome che si legge nel whois) troverà analogo supporto nazionale e internazionale (e ce ne sarebbero di motivi, considerato lo sfruttamento umano che si nasconde dietro le produzioni delocalizzate delle grandi firme), oppure una borsa finto Gucci mostrerà di avere meno "appeal" della copia pirata di Kung Fu Panda.
Questa mattina leggo: "DECRETO-LEGGE 15 giugno 2009, n. 61 (in G.U. n. 137 del 16 giugno 2009) - Disposizioni urgenti in materia di contrasto alla pirateria".
Salto sulla sedia... un decreto-legge... accidenti tocca subito informare gli amici di Punto-Informatico.
Leggo meglio e mi tranquillizzo, per una volta si occupano di pirateria vera, quella marittima :-)
Toglietemi tutto ma non il mio certificato "self-signed"
Qualcuno forse ricorderà il provvedimento del Garante Privacy del 18 settembre 2008 con cui si bacchetteva severamente l'Agenzia delle Entrate per le modalità di accesso all'anagrafe tributaria da parte di soggetti esterni all'amministrazione finanziaria, per la sicurezza dei sistemi di autenticazione degli applicativi ultilizzati e per altre inadempienza a cui l'Agenzia avrebbe dovuto porre rimedio in un termine che, a seconda delle contestazioni, andava dai 3 ai 12 mesi.
A suo tempo (era il settembre 2008), mi colpì in particolare una delle anomalie segnalate, che riporto qui di seguito:
"Per le web application è stato utilizzato un certificato Ssl di tipo self signed (non firmato da una Ca, Certification authority, ufficiale) non attendibile che, in mancanza di una Ca affidabile, non offre le garanzie di certezza dell'identità dell'erogatore del servizio tipiche della certificazione digitale tramite Pki (public key infrastructure): risultano pertanto facilitate azioni di phishing in danno di utenti del sistema e la possibile acquisizione indebita di credenziali di autenticazione, idonea a consentire utilizzi impropri dell'applicazione".
Conseguentemente il Garante prescriveva all'Agenzia delle Entrate di fare in modo che, entro tre mesi, tutte le applicazioni accessibili da rete pubblica in forma di web application fossero implementate con protocolli https/ssl provvedendo ad asseverare l'identità digitale dei server erogatori dei servizi tramite l'utilizzo di certificati digitali emessi da una Certification Authority ufficiale.
Martedì p.v., alle ore 15 Il network Frontiere Digitali sarà audito dalla Commissione insediatasi il 28 maggio scorso, presso il Minsitero dei Beni Culturali, per la rideterminazione dell'equo compenso, quella odiosa "tassa" occulta su supporti e apparecchi di registrazione, volta a compensare le "perdite" subite dagli autori (e dagli aventi diritto) per la c.d. "copia privata".
Insieme a Lorenzo De Tomasi (ma un grande ringraziamento va anche a Leonardo Maccari, il terzo co-autore del documento)rappresenterò le posizioni contenute nel documento che abbiamo depositato giovedì scorso e che abbiamo inserito anche sul wiki di Frontiere Digitali, in modo che chi lo desidera possa integrarlo.
Altro appuntamento settimanale è quello con "Exploring Cyberspace Law 2009" (grazie ad Andrea Bruti per la locandina, che vedete in alto a sinistra), una conferenza sul futuro dell'informatica giuridica e il diritto delle nuove tecnologie, con uno nobile scopo, quello di raccogliere fondo per la ricostruzione "informatica" della casa dello studente dell'Aquila.
La conferenza si terrà il 19 e il 20 (venerdì e sabato), presso l'Università degli Studi G. D'Annunzio di Chieti -Pescara, in viale Pindaro 42 - Pescara.
Altro elemento storico del pronunciamento è il seguente: "Il ruolo delle Autorità (Hadopi) è mettere in guardia che il downloader è stato notato, ma non è quello di punire, questo compito deve essere assegnato, se del caso, ad un giudice".
Chissà cosa diranno ora i difensori nostrani di quel progetto liberticida: peccato che gli interessi di parte portino a dimenticarsi (o a fingere di dimenticarsi) quanto si dovrebbe avere appreso sui banchi universitari.
Nuove regole tecniche per la firma digitale e l'ennesimo paradosso di un legislatore frenetico
Il 6 giugno u.s. è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 129 del 6 giugno 2009) il D.P.C.M. 30 marzo 2009 recante "nuove regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali e validazione dei documenti informatici".
Il Decreto in questione va a sostituire la vecchia regolamentazione tecnica datata 13 gennaio 2004.
L'articolo 53 del D.P.C.M., al primo comma, afferma "Il presente Decreto entra in vigore decorsi centottanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana". Le nuove regole, dunque, entreranno in vigore il 6 dicembre 2009.
Peccato che la legge recante "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile", approvata in via definitiva dal Senato il 26 maggio 2009 e in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, all'articolo 33 deleghi il Governo, tra le altre cose, proprio a "modificare la normativa in materia di firma digitale al fine di semplificarne l'adozione e l'uso da parte della pubblica amministrazione, dei cittadini e delle imprese, garantendo livelli di sicurezza non inferiori agli attuali".
La domanda sorge spontanea: quando il Governo modificherà la normativa primaria in materia di firma digitale, queste "nuove" regole tecniche (in quel momento appena entrate in vigore o in procinto di entrarvi) risulteranno già vecchie?
Stando agli Exit Poll si profila un successo straordinario per il Partito Pirata svedese alle elezioni europee: 7,4% dei consensi.
Se il dato dovesse essere confermato, ci sarebbe un'importante lezione politica per i vari movimenti che si occupano di Rete e politiche della Rete (anche in Italia): le battaglie per un'Interntet libera e neutrale, per una revisione del sistema dei brevetti e del copyright, per un ambientalismo culturale, per l'innovazione tecnologica vanno condotte fuori dai partiti tradizionali e dalle tradizionali contrapposizioni.
Basta destra e sinistra quando si parla di Internet: non serve!
Per carità, nulla da dire sull'esperimento della candidatura di Alessandro Bottoni in Sinistra e Libertà, come indipendente. Alessandro è persona che conosco e che stimo profondamente per la sua correttezza e il suo carattere "spigoloso", così lontano da inutili buonismi. Se fosse stato nella mia circoscrizione l'avrei votato. Essendo candidato altrove, ho votato per un altro uomo di Rete, Marco Cappato (Lista Bonino/Pannella).
In entrambi i casi si sarebbe trattato e si è trattato di una soluzione di ripiego: vorrei uno spazio "politico" autonomo e nuovo.
C'è da lavorare e da rimboccarsi le maniche, ma l'età, almeno quella, è dalla nostra parte.
Il 19 e il 20 giugno si terrà presso l'Università degli Studi di Pescara una due giorni sul futuro dell'informatica giuridica e del diritto delle nuove tecnologie in Italia.
La conferenza ha un nobile scopo, quello di raccogliere fondi a favore degli studenti abruzzesi e per la connettività della casa dello studente.
Vecchi e nuovi intermediari: abolito di fatto il monopolio ex lege della SIAE?
L'on. Marco Beltrandi (PD), facente parte della pattuglia radicale nelle liste del PD, ha presentato alla Camera, il 29 aprile 2008, un progetto di legge recante "Modifiche alla legge 22 aprile 1941, n. 633, per l'apertura del mercato dell'intermediazione dei diritti d'autore e dei diritti connessi".
Un'ottima proposta finalizzata ad aprire alla concorrenza il mercato dell'intermediazione dei diritti d'autore nel quale oggi vige un regime di monopolio ex lege riconosciuto alla SIAE dall'articolo 180 l.d.a. che, nei primi due commi, così recita: "L'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE). Tale attività è esercitata per effettuare: 1) la concessione, per conto e nell'interesse degli aventi diritto, di licenze e autorizzazioni per l'utilizzazione economica di opere tutelate; 2) la percezione dei proventi derivanti da dette licenze ed autorizzazioni; 3) la ripartizione dei proventi medesimi tra gli aventi diritto."
Oggi, però, leggendo Punto Informatico, ho scoperto che la proposta di Beltrandi è già divenuta legge (senza bisogno delle lungaggini parlamentari!) e che il monopolio SIAE di fatto non esiste, perchè ci sono realtà commerciali che intermediano i diritti di cui sopra, raccolgono i relativi proventi, li ripartiscono e si fanno pagare per il servizio.
Naturlamente è la scoperta dell'acqua calda per chi segue il mondo della musica, ma è lo stesso significativo il fatto che nell'articolo, a firma della sempre ottima Gaia Bottà e in cui rilasciano dichiarazioni colleghe e colleghi stimatissimi, si parli più volte e con disinvoltura di intermediazione dei diritti senza che nessuno senta un "prurito fastidioso", un senso di colpa latente, come quando lasci la macchina messa male... ma si che tanto lo fanno tutti... pure i vigili, certo che però...
Insomma da liberale (e qui Beltrandi, se dovesse leggere questo blog, credo mi capirà) mi sento a disagio di fronte al far west italiano (per usare le parole sentite ieri in Anno Zero a proposito del trasporto su gomma) in cui le leggi cattive non si cambiano nè si abrogano, semplicemente si disattendono.