Copyfraud & Copyfear
"And I'm just trying to survive
What if what you do to survive
Kills the things you love
Fear's a powerful thing, baby
It can turn your heart black you can trust
It'll take your God filled soul
And fill it with devils and dust"
(B. Springsteen, Devils and Dust)
Jason Mazzone, in una pubblicazione del 2006, usò il termine "Copyfraud" per riferirsi al crescente fenomeno delle rivendicazioni infondate da parte dei titolari di diritti circa presunti abusi commessi a loro danno da terzi.
What if what you do to survive
Kills the things you love
Fear's a powerful thing, baby
It can turn your heart black you can trust
It'll take your God filled soul
And fill it with devils and dust"
(B. Springsteen, Devils and Dust)
Jason Mazzone, in una pubblicazione del 2006, usò il termine "Copyfraud" per riferirsi al crescente fenomeno delle rivendicazioni infondate da parte dei titolari di diritti circa presunti abusi commessi a loro danno da terzi.
In particolare, Mazzone faceva riferimento a rivendicazioni che andavano al di là di quanto previsto dalla legge, ad esempio perchè l'uso contestato era coperto da una specifica eccezione, o perchè si trattava di materiale ormai nel pubblico dominio e così via.
Il Copyfraud era da imputarsi, secondo lo studioso americano, all'assenza di sanzioni, tanto sul piano civile che su quello penale, per chi tenesse una simile condotta.
Accanto al Copyfraud (e come sua diretta conseguenza) si sta facendo strada, anche nel nostro paese, quella che potremmo chiamare "Copyfear", ovverosia la minaccia del procedimento penale quale strumento di "convincimento" da parte dei titolari dei diritti per costringere il malcapitato di turno a corrispondere un compenso che, altrimenti, non sarebbe dovuto.
Nel lontanto 1992, la Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. I, 27-11-1992, n. 12680) affrontò un caso relativo al pagamento dei diritti per la diffusione musicale televisiva di opere protette in relazione a 40 televisori installati nelle camere dei degenti di una casa di cura.
La sentenza in questione affermò che nessun pagamento poteva essere preteso.
Tuttavia l'aspetto più interessante lo si trova nella parte riepilogativa dello svolgimento del processo dove è dato leggere: "Con citazione 6 ottobre 1983 la Casa di cura XYZ s.r.l. - premesso che la Società Italiana Autori ed Editori (SIAE) aveva preteso il pagamento dei diritti per la diffusione musicale televisiva delle opere tutelate, in relazione a n. 40 televisori installati nelle camere dei degenti - conveniva la SIAE innanzi al Tribunale di Roma per la declaratoria d'inesistenza delle pretesa di controparte e la restituzione della somma di L. 1.232.420, che, al solo scopo di evitare la denuncia penale, aveva pagato".
Avevano pagato per paura, perchè il procedimento penale costa ed è infamante, con una logica che ha poco a che fare con il diritto e molto con il "pizzo": paga e non avrai problemi.
E' la stessa logica sottesa ad altre recenti iniziative volte a svuotare di contenuto la copia privata, fino a trasformarla in una copia "privatissima", quasi domestica, nostante la giurisprudenza, nei casi affrontati, si sia sempre mostrata di diverso avviso.
Ma a che serve avere un diritto quando la spoporzione delle forze in campo è così ampia? Perchè fare gli eroi quando versando un obolo si può stare tranquilli?
Del resto come canta B. Springsteen "La paura è qualcosa di potente, può far diventare nero il tuo cuore, puoi fidarti".
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