The Pirate Bay e la Corte di Cassazione
Leggo su PI che la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento di dissequestro di The Pirate Bay.
A suo tempo
avevo considerato il dissequestro quasi un "atto dovuto", reputando le motivazioni del tribunale del riesame assolutamente ineccepibili in punto di diritto (
"tale decreto - pur astrattamente in linea con la previsione degli artt. 14 e ss. D.L.vo 70/03 -, lungi dal costituire materiale apprensione di un bene, si risolve in verità in una inibitoria atipica, che sposta l'ambito di incidenza del provvedimento da quello reale – come detto ambito proprio del sequestro preventivo – a quello obbligatorio, in quanto indirizzato a soggetti indeterminati (i cd. provider), cui è ordinato di conformare la propria condotta (cioé di non fornire la propria prestazione), al fine di ottenere l'ulteriore e indiretto risultato di impedire connessioni al sito in questione; l'uso del tipo di cui all'art. 321 c.p.p., quale inibitoria di attività, non può però essere condiviso, in quanto produce l'effetto di sovvertirne natura e funzione, di talché il sequestrodeve essere annullato").
Oggi la Cassazione ci ricorda che anche ciò che appare scontato, può non esserlo ad un più attento (o semplicemente diverso) esame.
Sono curioso di leggere le motivazioni, per capire se è stato ritenuto che il provvedimento di inibizione (come temo) vada fatto rientrare nell'articolo 14 D.lgs 70/2003 (e questo lo aveva lasciato intendere anche il Tribunale del riesame) e sia utilizzabile in sede cautelare anche nell'ambito di un procedimento penale.
Peraltro, alla luce delle considerazioni già effettuate a Bergamo, viene da chiedersi se intentando una "semplice" azione civile, si sarebbe potuta chiedere ed ottenere l'inibizione ex art. 14, arrivando allo stesso risultato.
Se così fosse potrebbe aprirsi uno scenario "inquietante" nella lotta alla c.d. pirateria.
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Nei panni del legislatore
Si tratta di una proposta che riprende
il documento finale prodotto in seno alla Commissione Gambino da vari soggetti del mondo della cultura.
E' una proposta che mira ad ampliare i confini delle libere utilizzazioni contemplate nella nostra legge sul diritto d'autore, nei limiti concessi dalla normativa comunitaria.
Il testo della proposta lo trovate
qui (oltre che nei due link sopra indicati).
Se vi va dateci un'occhiata.
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In rete girano tante bufale
Non so se qualcuno di voi ricorda la storia della poesia "lentamente muore" di Martha Medeiros, per anni circolata in rete come opera di Pablo Neruda. Una classica "bufala" internettiana, talmente convincente, che
ne rimase vittima l'allora Ministro della Giustizia, Clemente Mastella. che la citò (attribuendola a Neruda) nel suo discorso al Senato, rassegnando le dimissioni dall'incarico.
Insomma, se uno faceva una ricerca con "muore lentamente" e "neruda" venivano fuori oltre 40.000 risultati: di chi mai avrebbe dovuto essere quella poesia se 40.000 siti, blog, forum la attribuivano al grande poeta cileno?
A me sembra che la continua "minaccia alla libertà di espressione/informazione" in Rete (la minaccia naturalmente 9 volte su 10 viene da Berlusconi e dai suoi fascistissimi luogotenenti) sia l'ennesima bufala internettiana, talmente diffusa che nessuno si prende più la briga di valutare le fonti.
Lo dicono tutti, qualcosa di vero ci sarà, no?
Invece è una bufala... prendete ad esempio l'ennesima inutile polemica sul disegno di legge Pecorella/Costa (
non me ne voglia Guido Scorza, ma le nostre opinioni su questo divergono parecchio).
Ce la si prende con un innocuo progetto di legge (che con tutta probabilità non arriverà mai al voto in aula) il quale dice una cosa al limite del banale, la legge sulla stampa (che è del 48, quindi non poteva che immaginare un certo scenario) deve trovare applicazione a
"tutti i siti aventi natura editoriale".
Non a tutti i siti.
A tutti i siti aventi natura editoriale.
Ora, la cosa è intuitiva: se il direttore responsabile di Repubblica, testata registrata al tribunale di ecc., ha determinate responsabilità, non si capisce per quale ragione (se non un buco normativo dovuto alla vetustà della legge) le stesse responsabilità non debba averle il direttore responsabile di Vattelapesca.it, testata registrata presso il tribunale di ecc.
Naturalmente, la cosa non è così semplice, il diritto non lo è mai. Cessa di essere "certo" il giorno che lasci i banchi della facoltà di giurisprudenza ed entri in un tribunale.
Il problema, si dice, è che l'espressione "aventi natura editoriale" sarà oggetto di valutazione, caso per caso, da parte dei giudici.
E allora? Non è lo stesso per il concetto di oscenità degli atti e per decine di altre disposizioni del codice penale o di leggi speciali?
Allora, per essere coerenti, il ragionamento tiriamolo fino in fondo: dire che quella norma è "un pericolo" significa dire che la magistratura è un pericolo per la "libera manifestazione del pensiero" in questo paese.
Significa dire che una magistratura incapace, con una norma del genere in mano, finirebbe per dire che quasi ogni sito ha natura editoriale.
Bene, ci siamo arrivati. Il pericolo per la democrazia in Italia è la magistratura.
Vuoi vedere che Berlusconi ha ragione e Costa e Pecorella sono spie comuniste? :-)
P.s.:
il 3 ottobre ci sarà anche una manifestazione per la difesa della libertà minacciata. Ne daranno notizia tutti gli organi di stampa (finanziati lautamente dallo Stato). Il giorno dopo ne scriveranno tutti i giornali e ne parleranno tutte le telivisioni. Perchè è importante che la stampa informi i cittadini che, in Italia, non c'è libertà di stampa.
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REFF vs. REWF
Qui trovate
il comunicato stampa ufficiale di chi il REFF lo ha tirato su e non può che essere orgoglioso del risultato raggiunto (con qualche amarezza sotto il profilo umano, per quel che mi riguarda, per vicende caratterizzate dal solito opportunismo, ma così va il mondo)
Nel frattempo del REFF ne parla anche WIRED di ottobre, da qualche giorno in edicola.
Stay tuned ;-)
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La pirateria? Fa bene agli acquisti!
Sabato scorso, un trafiletto apparso su "Il Sole 24 ore" (pag. 23, "E' la Cina il paradiso dei download") ha dato conto di una rilevazione operata dall'Istituto tedesco IPSOS. E' stato chiesto a 6500 internauti di dodici paesi diversi se scaricassero illegalmente musica da Internet.
Al primo posto, per gli scaricamenti illegali, si è piazzata la Cina, seguita da Russia e India (l'Italia risulta essere solo al settimo posto).
Il dato interessante, però, è quello riportato alla fine dell'articolo che cito testualmente:
"E' interessante rilevare che proprio questi fruitori di pagine illegali usino molto più (dei non pirati) anche vie legali (come ITunes e Musicload) per scaricare musica e comprare dischi", quasi che scaricare musica illegalmente serva ad alcuni per decidere se comprare o meno un disco, si legge nella conclusione del rapporto IPSOS.
Serve aggiungere altro?
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La nuova edizione del REFF.... ops del REWF :-)
Chi segue questo blog, ricorderà tutta la polemica (sposata anche da
Lessig sul suo sito) per le condizioni originariamente contenute nel regolamento del RomaEuropaWebFactory, il concorso organizzato da Fondazione RomaEuropa e Telecom Italia.
Veniva proibita ogni forma di remix, mashup, manipolazione indipendemente dal fatto (e senza curarsi del fatto) che le opere da remixare potessero essere state rilasciate con licenze che consentissero esplicitamente il remix e, dunque, che fossero gli stessi autori delle opere originali ad augurarsi che terzi le utlizzassero quale "materia prima" per la propria creatività.
La risposta a una simile assurdità fu il
REFF, RomaEuropaFakeFactory, un controconcorso incentrato esclusivamente sul remix.
Si legge, infatti, nella presentazione della seconda edizione del REWF che, fra le novità principali, vanno menzionate l'introduzione dei Creative Commons (...mmm... forse volevano dire "l'uso di licenze creative commons"... o "l'ammissibilità al concorso di opere licenziate Creative Commons"... mmm... potevano essere più chiari) e l'introduzione del remix e del mash-up.
Una bella soddisfazione per i tanti amici che a suo tempo si mobilitarono in rete, dando vita al REFF.
Unica nota stonata: come spesso capita, non è mancato chi ha pensato bene di cambiare casacca alla prima occasione utile (basta scorrere i nomi dei partner della nuova edizione del REWF e si capisce di chi si tratta).
Occorre portare pazienza e confidare nell'antico proverbio cinese:"Se qualcuno ti fa un grave torto siediti sulla riva di un fiume e aspetta, prima o poi passerà il cadavere del tuo nemico".
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Non è un paese per innovatori
Due articoli su Punto-Informatico esemplificano, senza bisogno di ulteriori commenti, perchè questo non sia un paese per innovatori.
"Il VOIP della PA parla Microsoft" VS.
"IBM sposta office nel cestino"
Misure tecnologiche di protezione e copia privata
Oggi
Punto Informatico dà grande risalto alla sentenza del Tribunale di Milano che ha affermato che tra il diritto di riproduzione e il diritto alla copia privata non sussite una parità di condizione e che, dunque, il secondo deve cedere il passo al primo laddove ne comporti un eccessivo sacrificio.
Questo, naturalmente, alla luce dell'infelice formulazione dell'articolo 71 sexies, comma 4 L.d.A. che, nel caso di specie, finisce per produrre conseguenze paradossali.
Avrò modo di approfondire il tema in una nota a sentenza che mi accingo a scrivere, anche perchè svolgere l'intero ragionamento in un post sarebbe complicato.
Nel frattempo, chi volesse leggere e commentare la sentenza la trova
qui
Brunetta, l'Espresso e il diritto d'autore
Stavolta non c'entra la PEC :-)
E' una storia piccola, che vede coinvolti il Ministro Brunetta, il settimanale L'Espresso e il (rispetto del) diritto d'autore.
L'Espresso va in edicola con una copertina dedicata al Ministro Brunetta. Il titolo non lascia spazio a dubbi
"Brunetta Bluff": l'inchiesta mira a dimostrare che gran parte dei risultati sbandierati dal Ministro anti-fannulloni sono fasulli.
Brunetta non ci sta e, nel corso di una
conferenza stampa, confuta le tesi de "L'Espresso" e ne canta quattro ai giornalisti.
Fin qui tutto nella normale dialettica stampa/politica.
Solo che Brunetta fa qualcosa in più.
Pubblica sul sito del Ministero
la scansione completa dell'inchiesta del settimanale (con tanto di
"ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario - non riproducibile" che evidenzia come l'articolo oggetto di scansione provenga da una rassegna stampa ad uso interno). Un totale di 5 pagine messe a disposizione del pubblico che può liberamente accedervi dal luogo e nel momento scelto individualmente.
Non escludo che il Ministero possa aver chiesto l'autorizzazione per la pubblicazione, ma ho qualche dubbio che ciò sia avvenuto.
In assenza di autorizzazione tale atto di messa a disposizione può considerarsi una violazione delle disposizioni in materia di diritto d'autore? A mio avviso si, perchè non sembra possibile avvalersi nè dell'eccezione di cui all'articolo 70 comma 1, in quanto la riproduzione non è parziale ma integrale (non vengono, infatti riportati brani dell'inchiesta, ma l'intera inchiesta), nè del comma 1-bis della stessa disposizione, la cui operatività pare subordinata all'emanazione di un decreto del MIBAC e che, comunque, fa salvi - a certe condizioni - solo gli usi didattici e scientifici.
Non mi pare che siano, altresì, ravvisabili le condizioni di libera riproducibilità previste dall'articolo 65, commi 1 e 2 (il sito del Ministero non è una rivista o un giornale, nè la riproduzione in questione è in qualche modo legata all'esercizio del diritto di cronaca).
Ora se così fosse, per gli eccessi da cui è caratterizzata l'attuale legge sul diritto d'autore, quel .pdf messo a disposizione sul sito del Ministero potrebbe finanche integrare una fattispecie penalmente rilevante, quella prevista dall'articolo 171, lett. a-bis) ("Salvo quanto disposto dall'art. 171-bis e dall'articolo 171-ter è punito con la multa da euro 51 a euro 2.065 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma: a-bis) mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa")
Ad ogni modo, Ministro, non si preoccupi: se la "pizzicano" può sempre accedere alla speciale forma di oblazione prevista dal comma 1-bis dello stesso articolo ("1-bis. Chiunque commette la violazione di cui al primo comma, lettera a-bis), è ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima dell'emissione del decreto penale di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della pena stabilita dal primo comma per il reato commesso, oltre le spese del procedimento. Il pagamento estingue il reato.").
Mille euro e passa la paura.
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Internet Manifesto
Rimbalzo volentieri (sia pur con qualche giorno di ritardo) la segnalazione fattami dall'
on. Roberto Cassinelli (che, a sua volta, ne ha parlato
sul suo blog) circa il
manifesto redatto da alcuni blogger tedeschi sul giornalismo online.
Lo trovo ampiamente condivisibile, fin dall'assunto iniziale "Internet is different".
Questa diversità va salvaguardata da ogni tentativo di far diventare Internet la nuova Televisione.
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La spedizione dei mille
E' importante che se ne parli, perchè la vera amministrazione digitale non consiste nel sostituire gli atomi con i bit, ma nello sfruttare le potenzialità offerte dalle tecnologie informatiche per innovare i processi di back-office. In caso contrario, passeremo da una pesante burocrazia cartacea ad una pesantissima burocrazia digitale.
Nell'articolo di Tommaso del Lungo, in particolare, si evidenzia una tendenza a tutti nota nella PA: quella di partire sempre da zero, ignorando i progetti già in campo o conclusi di recente.
Scrive, infatti, l'autore: "A questo punto, non pronunciando giudizi sullo strumento, sullo standard, sulla gara e sui costi dell'iniziativa del Ministro ci vengono almeno un paio di riflessioni su come vengono portate avanti iniziative di innovazione digitale in Italia: partendo ogni volta da zero, senza fare bagaglio delle esperienze precedenti e credendo che gli strumenti digitali bastino da soli a digitalizzare il Paese".
Vengono, inoltre, citati tutta una serie di casi (tra cui le 1000 caselle PEC messe a disposizione dei cittadini dal Comune di Reggio Calabria)
in cui pubbliche amministrazioni locali (vedi ad es. il
Comune di Genova, ma anche Pavia, Pesaro, Parma) hanno già messo gratuitamente a disposizione dei propri cittadini caselle di PEC (....di PEC, non del surrogato - CEC PAC - che vuole rifilare Brunetta)
Qualcuno si è preso la briga di vedere come sono andate queste sperimentazioni? Qual'è il livello di utilizzazione da parte dei cittadini di quelle caselle di PEC?
Fossero stati soldi privati, prima di investire altri 50 milioni di euro sicuramente la verifica sarebbe stata fatta. Ma sono soldi nostri, delle nostre tasse... e allora, ricominciamo da zero.
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Se lo diceva Manzoni...
"Ella principia la discussione dall'impugnare il diritto di proprietà messo in campo da molti, come il motivo naturale e necessario d'una legge che riservi esclusivamente agli autori la facoltà di far ristampare le loro opere. « Nulla » sono sue parole « di più inesatto e di più falso, a creder nostro, del nome di proprietà attribuito a questo privilegio.» E in ciò ho la soddisfazione di trovarmi interamente d'accordo con Lei; essendo persuaso, da un pezzo, che questa formola «Proprietà letteraria» è nata, non da un intuito dell'essenza della cosa, ma da una semplice analogia. È un traslato che, come tutti i traslati, diventa un sofisma quando se ne vuol fare un argomento: sofisma che consiste nel concludere da una somiglianza parziale a una perfetta identità". (Alessandro Manzoni, 1862)
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Vuoi vedere che la CEC-PAC non interessa a nessuno?
Sarebbe dovuto scadere domani il termine per la presentazione delle manifestazioni di interesse relative all'affidamento
"in concessione del servizio di comunicazione elettronica certificata tra pubblica amministrazione e cittadino (CEC-PAC)" ed invece è
stato prorogato al 16 settembre p.v.Pare che la cosa non interessi a nessuno (voci di corridoio parlano di un solo plico finora arrivato), o forse la manifestazione d'interesse "giusta" non ha fatto in tempo ad arrivare: si sa, ad agosto molta gente è in ferie e può capitare che il bando lo leggano solo quelli che sono al lavoro (e non sono certo in Italia).
Nel frattempo sul sito del Governo, evidentemente non al corrente del fatto che il bando non si riferisca più alla PEC,
continua ad esserci scritto:
"Dopo le apposite procedure di gara, che saranno prossimanente attivate per l'individuazione dell'affidatario di PEC, la Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie, direttamente o tramite l'affidatario del servizio, assegnerà al cittadino che ne farà richiesta, un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC), che consentirà l'invio di documenti informatici per via telematica."Etichette: amministrazione digitale, bando, brunetta, pec
La democrazia italiana è immortale
L' " Osservatore ": ferita la liberta' . La democrazia e' messa a rischio
(13 ottobre 1996) - Corriere della Sera
16/01 Roma: Incontro pubblico - GENOVA 2001, LA DEMOCRAZIA FERITA
(convegno)
«Vicenda grottesca, democrazia ferita»
(28 febbraio 2003) - Corriere della Sera
Democrazia ferita al cuore, aperte le indagini. L’attentato si è svolto fra l’indifferenza dei più...
mercoledì 15 giugno 2005
(numerosi siti internet)
Una ferita alla democrazia di NADIA URBINATI
(5 settembre 2009) - Repubblica
Due considerazioni:
1. C'è sempre un motivo (diverso) per dire che la democrazia italiana è ferita.
2. Mi pare evidente che la democrazia italiana sia immortale o, quanto meno, sia in grado di rimanere indenne a decine e decine di ferite.
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Ogni promessa è un debito
Prima della vacanze
avevo scritto che avrei chiesto al Garante Privacy cosa ne pensasse del fatto che, nonostante il suo provvedimento 18 settembre 2008, l'Agenzia delle Entrate continuasse ad utilizzare un certificato
self signed per i suoi servizi telematici, con grave rischio di
phishing per gli utenti del sistema. Avevo segnalato, altresì, il caso del servizio "estratto conto" offerto da Equitalia S.p.A.
Stay tuned!
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Equo compenso: occhio al portafoglio
Pare che venerdì p.v. si riunisca nuovamente la commissione istituita presso il Ministero dei Beni Culturali per la ridefinizione del c.d. equo compenso, ossia l'odioso balzello che dovrebbe servire ad indennizzare gli autori per il danno loro prodotto dalla "generosa" possibilità offerta dall'articolo 71-sexies l.d.a. di effettuare una copia personale del materiale legittimamente acquisito.
Presentammo
questo documento, che si rivelò essere in linea con le richieste avanzate da
AltroConsumo e destò l'interesse di alcuni dei membri della Commissione per il suo contenuto pro-consumeristico e pro-concorrenziale.
Faccio mio l'appello di Marco ai commissari: pensateci bene, prima di licenziare qualsivoglia proposta che determini un ampliamento del prelievo, sia nel quantum che nell'estensione dei prodotti da gravare.
Il consumatore non è una vacca da mungere.
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CEC-PAC: non sono più utili 1700 case prefabbricate per l'Abruzzo?
Il singolo cittadino che volesse acquistare una casella di PEC (da utilizzare con chi vuole e quando vuole) dovrebbe sborsare l'enorme (sic!) cifra di
6 euro l'anno, iva compresa (servizio base di
Aruba): viene da pensare che se uno è in grado di pagarsi un pc e una connessione ad Internet, il cui costo mensile si aggira sui trenta euro, possa permettersi di sostenere il costo di una casella PEC senza l'elemosina statale.
In Abruzzo c'è gente che dorme nelle tende. Una casa farebbe comodo.
Qualcuno fermi lo sperpero di denaro pubblico voluto dal Ministro Renato Brunetta.
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Rinviate quella PEC: firmato ADICONSUM
ADICONSUM ha chiesto al Ministro Brunetta un rinvio sulla PEC di Stato, un regalo pagato da tutti i cittadini.
Direi di rinviare l'obbligo di adozione della PEC almeno fino a quando il Ministro non avrà reso pubblica la sua casella di Posta Elettronica Certificata.
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