Accordo SIAE/YouTube: ricevo e volentieri pubblico
Oggi mi ha scritto Enzo Mazza, presidente della
Fimi, a proposito del mio
post di ieri sull'accordo SIAE/YouTube. Ho chiesto ad Enzo di poter riprodurre sul blog il nostro piccolo scambio di vedute ed è stato così gentile da concedermelo.
Piccolo disclaimer: alcune cose potrebbero apparire "scontate" per gli addetti ai lavori o per chi si occupa abitualmente di diritto d'autore, ma credo possano risultare interessanti per tutti gli altri. Ci sono poi alcuni passaggi che mi sono permesso di evidenziare (il "grassetto" è mio) perchè mi sembrano interessanti per l'altro discorso, ovverosia quello relativo alla natura giuridica di un servizio come quello offerto da YouTube. Possiamo ancora sussumerlo nella categoria dell'Hosting Provider delineata nella direttiva sul commercio elettronico, o non ha ragione Mazza, quando dice che YouTube ha di fatto sostituito MTV come televisione musicale dei giovani?
Buona lettura.
Mazza:
"Come sai accanto alla categoria dei diritti d'autore, che riconoscono all'autore facoltà esclusive di utilizzazione economica dell'opera, esistono una serie di diritti vicini attribuiti a chi, con la sua attività di impresa o con la propria creatività, interviene sull'opera stessa.Questi diritti, chiamati appunto "connessi" perché legati al diritto d'autore, sono regolati dalla legge italiana sul diritto d'autore al Titolo II, intitolato "Disposizioni sui diritti connessi all'esercizio del diritto d'autore", agli artt. da 72 a 101 L'art.72 e 73 regolano i diritti del produttore fonografico. In soldoni, YouTube, che aveva già in essere un accordo con le case discografiche major che copriva anche l'Italia, ha ora chiuso un contratto anche con SIAE per remunerare anche gli autori e gli editori. L'accordo con le imprese prevedeva due modelli di fee basati sulla pubblicità (ad supported) e sul pay per click. YouTube è uno dei modelli che sul fronte discografico si sta sviluppando di più con le case che lo utilizzano per creare canali ad hoc per gli artisti, per presentare anteprime, ecc. In pochi anni YouTube ha di fatto sostituito MTV come "televisione musicale" dei giovani. A proposito, ecco alcuni dati su YouTube per l'Italia (Fonte FIMI/Deloitte) Fatturato delle case discografiche derivante dallo streaming su YouTube 2007: 918 mila euro 2008: 1,5 milioni di euro (+65%) 2009: 1,9 milioni di euro (+27%) 1 semestre 2010 : 837 mila euro contro 606 mila del 2009 (+ 38%) Il video streaming è fenomeno molto diffuso tra i consumatori di musica in Italia : 34 % guardano video musicali su YouTube contro il 29 % della media EU e il 17 % degli USA (Fonte FIMI/Forrester) L'utilizzo di YouTube è superiore all'uso del p2p (28%). Più chiaro anche se leggi l'articolo di oggi dal Sole".
Scialdone: "Sui diritti connessi sapevo dell'esistenza di accordi. Mi chiedevo se questo accordo fosse in grado di incidere sulla liceità di video amatoriali frutto di sincronizzazione ma mi pare che la risposta debba essere negativa".
Mazza: "Dipende. Con alcune case vi sono già accordi tra YouTube e major che consente di ottenere compensi anche per le musiche sui video USG e così è anche l'accordo SIAE. Ove il titolare dei diritti non ritenga di consentire l'uso del brano su un determinato video può usare il N&TD (Notice and Take Down) per la rimozione così come noi facciamo da tempo sulla base dell'accordo con YT"
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Accordo SIAE/YouTube: che me ne faccio?
Siae dà notizia dell'interventuo accordo di licenza con YouTube
"che copre l’uso in Italia, in modalità streaming, di musica e opere audiovisive del repertorio SIAE nei video presenti sulla piattaforma YouTube. La licenza ha una durata di tre anni, fino al 31 dicembre 2012. Come risultato dell’accordo, autori, compositori ed editori musicali rappresentati da SIAE saranno ricompensati quando viene utilizzata la loro musica".
La cosa che non riesco a capire è quale sia la reale portata dell'accordo e quali le ripercussioni per gli utenti registrati di YouTube: significa, forse, che posso realizzare un filmato con immagini da me formate (e sulle quali, dunque, detengo i diritti) utilizzando come sottofondo un'opera del repertorio SIAE?
Credo proprio di no, poichè, se non erro (ma non sono sicuro e mi piacerebbe che qualcuno mi aiutasse a capire), il c.d. diritto di sincronizzazione non è gestito da SIAE, se non nel caso delle
Production Music Libraries.
"Vorrei realizzare un film / documentario/ filmato, inserendo nella colonna sonora alcune musiche di repertorio. Quali sono gli adempimenti necessari?
Per poter sincronizzare un’opera musicale preesistente nella colonna sonora di un film, filmato, audiovisivo, corto o lungo metraggio, , ecc., è necessario acquisire preventivamente il permesso cosiddetto di “sincronizzazione”, per la prima fissazione della musica in abbinamento alle immagini e sequenze del filmato. Il permesso deve essere richiesto direttamente agli editori musicali proprietari delle opere oppure, nel caso di opere di proprietà degli autori, al compositore. Le condizioni economiche vengono fissate di volta in volta dagli aventi diritto. Nel caso di opere di dominio pubblico, naturalmente, non sono necessari permessi. Inoltre, è necessario assolvere anche i diritti del produttore discografico, nel caso si faccia uso di una registrazione specifica. Si rammenta che le registrazioni fonografiche sono protette fino a 50 anni dalla data di fabbricazione. Una volta legittimamente realizzato il prodotto audiovisivo, la SIAE provvederà alla riscossione del “compenso separato” spettante agli autori della musica (art. 46 legge 633/1941), per la proiezione pubblica del film o filmato nelle sale. Analogamente la SIAE interverrà a riscuotere il compenso spettante agli aventi diritto della musica per la diffusione televisiva e per la riproduzione su supporti destinati all’ uso privato o al noleggio. Questi diritti vengono riscossi dalla SIAE rispettivamente presso la sala cinematografica, l’emittente televisiva, il produttore dei supporti".
Mi pare che l'unica cosa che cambi è la possibilità di caricare materiale protetto senza che ne possa essere richiesta la rimozione. Ma siamo proprio sicuri? E i diritti connessi? La maggior parte delle richieste di rimozione viene proprio dai titolari dei diritti connessi, non dagli autori o dai loro aventi causa.
Insomma, a parte il fatto che YouTube probabilmente si è messa a riparo da qualche azione giudiziaria, che cosa cambia?
Da ultimo: YouTube resta sempre un hosting provider, vero? ;-)
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Save the date: Internet, ultimi giorni di libertà
Segnatevi la data. Sono gli ultimi giorni di libertà su Internet. Parola de
Il Fatto Quotidiano.
Mi dispiace solo che
Guido si sia lasciato prendere un pò troppo la mano nell'enfasi polemica. Tuttavia, stimandolo professionalmente ed umanamente, non ho dubbi sul fatto che, laddove, come credo, non cambierà nulla per chi quotidianamente vive le Rete, convincerà i tipi del Fatto ad uscire con il titolo "
Intenet, c'eravamo sbagliati".
Questo continuo richiamo alla Cina (che, forse, nasconde un desiderio recondito) lo trovo davvero fastidioso.
Il tempo sarà galantuomo.
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Anche il diritto di rettifica dovrebbe chiedere una rettifica...
In questi giorni si fa
un gran parlare della presunta estensione indistintamente a tutti i siti informatici del diritto/dovere di rettifica previsto dalla
Legge sulla Stampa all'articolo 8, rubricato
"risposte e rettifiche".
L'estensione sarebbe il frutto di una norma contenuta nel DDL intercettazioni che riformulerebbe l'articolo 8 sopra citato come segue:
8. RISPOSTE E RETTIFICHE
Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma precedente sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono.Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce. Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell'articolo 32 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono. Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate senza commento nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate. Per la stampa non periodica l'autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all'articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a proprie cura e spese su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto di rilievo penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata, entro sette giorni dalla richiesta, con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l'ha determinata.Qualora, trascorso il termine di cui al secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, e sesto commadi, la rettifica o dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma, l'autore dellarichiesta di rettifica, (se non intende procedere a norma del decimo comma dell'art. 21) può chiedere al pretore, ai sensi dell'art. 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione. Della stessa procedura può avvalersi l'autore dell'offesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva, o delle trasmissioni informatiche o telematiche, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta.La mancata o incompleta ottemperanza all'obbligo di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire 15.000.000 a lire 25.000.000.La sentenza di condanna deve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia. Essa, ove ne sia il caso, ordina che la pubblicazione omessa sia effettuata.Personalmente ho sempre avuto qualche dubbio sul fatto che la norma così come (eventualmente) modificata potesse trovare applicazione nei confronti dei siti informatici
tout court, ma la lettura di
questo post di Giovanni Ziccardi mi ha convinto non solo della circostanza che ci siano ottime ragioni per affermare il contrario, ma, altresì, che sia anche un errore strategico sostenere tale indiscriminata applicabilità.
C'è, però, un ulteriore aspetto che mi pare importante sottolineare:
il diritto/dovere di rettifica non è uno strumento di censura, ma uno strumento di civilità giuridica ("diritto fondamentale" per usare le parole della corte costituzionale) e questo a prescindere dalla circostanza se,
de iure condendo, sia opportuno o meno estenderlo anche a chi fa informazione in Rete a livello amatoriale.
Su questo punto, mi piace riportare un passaggio di una recente
sentenza del Tribunale di Napoli:
"Prima, però, di tale riscontro, ed allo scopo di apprezzare la pregnanza e la tassatività di quelle prescrizioni, pare opportuno premettere che il diritto di rettifica (che nella remota - ma ancora fortemente attuale - sentenza della Corte Costituzionale 225 del 1974 è indicato come "diritto fondamentale") rappresenta, nella giurisprudenza di legittimità, uno strumento per il bilanciamento tra la libertà di stampa, costituzionalmente garantita ex art. 21 Cost., comma 2, ed il diritto dei singoli all'identità personale. Il diritto di cronaca e di critica, infatti, "è suscettibile di risolversi in attività lesive della identità personale delle persone, intesa come immagine sociale, quand'anche la pubblicazione non ne offenda l'onore o la reputazione ... L'interesse della persona a preservare quell'identità è qualificabile come posizione di diritto soggettivo alla stregua dei principi fissati dall'art. 2 Cost. in tema di difesa della personalità nella complessità ed unitarietà di tutte le sue componenti, sicché la lesione di tale diritto consente l'esperibilità dei rimedi inibitori, risarcitori e speciali apprestati dall'ordinamento. Fra questi, quello di cui alla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 8. Benché tali rimedi siano, in genere, autonomamente e cumulativamente esperibili, non può disconoscersi che il diritto di risposta e rettifica svolga una funzione riparatoria il cui esercizio è suscettibile di non lasciare spazio ad un danno ulteriormente risarcibile; e, per converso, che quello spazio residui o risulti ampliato, se all'istanza di rettifica non sia data esecuzione, da parte del direttore o del responsabile, nella piena osservanza delle disposizioni normative che la disciplinano" (Cass. sez. III, 24 aprile 2008, n. 10690)".
A leggere la blogosfera italiana, verrebbe da dire che anche il diritto di rettifica dovrebbe chiedere e ottenere una rettifica.
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Le possibili minacce per la sicurezza nazionale dallo spazio cibernetico
Via destralab apprendo della
relazione inviata alle Camere il 15 luglio u.s. dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, presieduto dall'on. Francesco Rutelli, sulle possibili implicazioni e minacce per la sicurezza nazionale derivanti dall'utilizzo dello spazio cibernetico.
Non l'ho ancora letta, ma mi porto avanti e dico da subito che è un inaccettabile attacco alla libertà della Rete... magari c'è scritto sul serio :-)
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Questioni pregiudiziali
Mi pare decisamente interessante
questa domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (Chancery Division) (Regno Unito) il 10 maggio 2010 nel giudizio che vede contrapposte Union of European Football Association (UEFA), British Sky Broadcasting Ltd e Euroview Sport Ltd.
La Corte inglese pone una serie di questioni inerenti la Euoropean Union Copyright Directive (direttiva 29/2001, recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs 68/2003), con particolare attenzione alle misure tecnologiche di protezione e al diritto di riproduzione.
Con riferimento a quest'ultimo le questioni poste e che riporto di seguito, evidenziano, se mai ce ne fosse bisogno, quanto la digitalizzazione dei contenuti e, dunque, la loro costante riproducibilità, strida sempre di più con quel diritto esclusivo di autorizzare ogni singola copia, anche parziale, anche temporanea.
Vedremo quale sarà il pronunciamento della Corte di Giustizia.
Questioni pregiudiziali
(omissis)4) Diritto di riproduzione
Nel caso in cui frammenti sequenziali di un filmato, di una trasmissione, di un'opera letteraria, musicale o di una registrazione sonora (in questo caso composizioni di audio e video digitali) vengono creati i) all'interno della memoria di un decodificatore o ii) nel caso di un filmato, di una trasmissione e di un'opera letteraria, su uno schermo televisivo, e l'intera opera viene riprodotta se i frammenti sequenziali vengono considerati nel loro insieme ma solo un numero limitato di frammenti esiste contemporaneamente:
a) se la questione intesa ad accertare se tali opere siano state riprodotte in tutto o in parte debba essere risolta in base alla norma del diritto d'autore nazionale relativa a cosa costituisca un'illecita riproduzione di un'opera tutelata dal diritto d'autore, o se dipenda dall'interpretazione dell'art. 2 della direttiva 2001/29/CE.
b) Qualora dipenda dall'interpretazione dell'art. 2 della direttiva 2001/29/CE, se il giudice nazionale debba prendere in considerazione tutti i frammenti di ciascuna opera nella sua totalità o solo il numero limitato di frammenti che esistono contemporaneamente. In quest'ultimo caso, a quale test il giudice nazionale debba sottoporre la questione intesa ad accertare se le opere siano state riprodotte parzialmente ai sensi di tale articolo.
c) Se il diritto di riproduzione di cui all'art. 2 della direttiva 2001/29/CE si estenda alla creazione di immagini transitorie su uno schermo televisivo.
5) Rilievo economico proprio
a) Se si debba ritenere che copie di un'opera create all'interno di un decodificatore televisivo satellitare o su uno schermo televisivo collegato al decodificatore, il cui unico intento è di consentire un uso dell'opera non altrimenti limitato dalla legge, abbiano un "rilievo economico proprio" ai sensi dell'art. 5, n. 1 della direttiva 2001/29/CE per il fatto che tali copie forniscono l'unica base dalla quale il titolare dei diritti può derivare un compenso per l'uso dei suoi diritti.
b) Se sulla soluzione della questione 5 a) incida il fatto che i) le copie transitorie abbiano un valore intrinseco; o ii) le copie transitorie comprendano una piccola parte di una raccolta di opere e/o di altri materiali che altrimenti potrebbero essere usati senza violare il diritto d'autore; o iii) il licenziatario esclusivo del titolare dei diritti in un altro Stato membro abbia già ricevuto un compenso per l'uso dell'opera in tale Stato membro.
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Tutte le marche temporali sono uguali davanti alla legge :-)
Come noto agli addetti ai lavori, a seguito dell'emanazione delle nuove regole tecniche sulla firma digitale (D.P.C.M. 30 marzo 2009), il periodo di conservazione (e conseguentemente di validità) delle marche temporali emesse dai certificatori è passato da 5 a 20 anni.
Ci si era chiesti se questa estensione valesse anche per la marche temporali già emesse ed in corso di validità o, soltanto, per quelle emesse a partire dall'entrata in vigore del Decreto.
Digit-PA ha ritenuto che fosse corretta la prima delle due ipotesi: le marche temporali valgono per vent'anni, sia le vecchie che le nuove.
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L'atto pubblico informatico diventa realtà
Il testo entrerà in vigore il 3 agosto p.v. e da quel momento sarà possibile per i notai redigere un atto pubblico in maniera completamente digitale.
Ci si era già provato nel 2005, con l’art. 7 della l. 246/2005, con cui era stata delegato al Governo il riassetto e la codificazione delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento del notariato e degli archivi notarili attraverso l’adozione di uno o più decreti legislativi. La delega era scaduta il 16 dicembre 2006, senza che i relativi decreti venissero adottati.
Tuttavia,
il lavoro a quel tempo svolto da un'apposita commissione presso il Ministero della Giustizia non è andato perso ed ha costituito la base del nuovo decreto legislativo.
C'è un aspetto della nuova disciplina che trovo emblematico del passaggio di un'epoca, quello secondo il quale, in ordine all'identificazione dell'originale informatico dell'atto pubblico redatto e delle scritture private autenticate dal notaio, tale qualità spetta, ad ogni effetto di legge, soltanto agli atti e alle scritture depositati nella struttura predisposta e gestita del Consiglio nazionale del notariato e che soltanto dagli stessi possono essere tratti duplicati e copie legalmente validi come l'originale.
Poichè, come in dottrina si è costantemente affermato, il documento informatico ha messo in crisi i concetti di "originale" e "copia", ecco allora che tali concetti possono tornare a rivivere con riferimento non al documento quale
res, ma al luogo (e alle procedure) di conservazione del documento stesso.
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Due novità dalla Blogosfera italiana
Gli autori non hanno bisogno di presentazioni per chi si occupa di diritto dell'informatica.
E' tempo di aggiornare il vostro feed reader o la vostra lista dei preferiti ;-)
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Cassazione su apparati splitter (o splitty)
Lo scorso maggio la Cassazione si è pronunciata sull'illiceità della vendita degli apparati denominati splitter o splitty che consentono a più decoder, privi di autonoma smart card, di replicare le credenziali contenute nella smart card inserita nel decoder principale e in questo modo accedere alle trasmissioni codificate (nel caso affrontato dalla Cassazione si trattava di programmi Sky).
Interessante notare che in primo grado si era pervenuti all'assoluzione dell'imputato per mancanza dell'elemento soggettivo (difetto del dolo specifico). Il Tribunale di Trento aveva, infatti, ritenuto che mancasse la prova che la condotta fosse stata posta in essere per fini fraudolenti, laddove la vendita risultava indirizzata ad agevolare la fruizione di un'utenza alla quale il consumatore aveva diritto di accesso per aver pagato il relativo canone.
In secondo grado si era pervenuti sempre all'assoluzione ma addirittura "perchè il fatto non sussiste". La Corte di Appello di Trento era giunta alla conclusione che lo splitter o splitty non fosse "altro che un'innovazione tecnologica per la quale non a caso era stato richiesto il brevetto, rivolta a potenziare la resa di funzionamento del sistema originale, unico deputato a decrittare i segnali codificati, nell'ambito consentito".
Come mi piace il diritto :-)
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Se querelando io... (ovvero, sia chiaro che la stampa deve rimanere libera... pure quella di destra?)
Via
DestraLab (lo so, sono un nostalgico, a me piace ancora citare le fonti da cui apprendo le notizie!) vengo a conoscenza della
vicenda che vede opposti il Legno storto, quotidiano online registrato presso il Tribunale di Milano, e due magistrati di spicco, Palamara e Davigo, oltre che, per altra vicenda, il sindaco di Montalto di Castro, Salvatore Carai, del Partito Democratico.
Oggetto del contendere alcuni articoli dal contenuto reputato diffamatorio o minaccioso.
Potete leggerli e farvi un'idea. Ogni cittadino che si senta ferito nel proprio onore e nella propria reputazione ha il sacrosanto diritto di rivolgersi alla magistratura per ottenere giustizia. Se, però, il cittadino (o cittadini) in questione si spende per spiegare quanto la libertà di stampa sarebbe in pericolo nel nostro paese e di quanto sia, al contrario, giusto che i giornalisti siano liberi di scrivere cose anche dure per incalzare il potere, allora da quel cittadino ci si aspetterebbe maggiore "tolleranza" e "pazienza".
Riporto qui di seguito un brano della lettera che "Il Legno Storto" pubblica oggi:
"Sappiamo bene che, se il nostro giornale fosse schierato sul fronte delle Sinistre, a questo punto, davanti ad un episodio analogo, sarebbe già partita una crociata in nostra difesa, a sostegno della libertà di stampa e di opinione. L'Ordine dei Giornalisti farebbe fuoco e fiamme, il Sindacato minaccerebbe sfracelli. Ma noi non apparteniamo a questo schieramento, e dobbiamo aspettarci che in nostra difesa insorgano, forse, solo i nostri lettori, e qualche singolo amico e compagno di avventura"
Non vi preoccupate, amici de "Il Legno Storto", sono sicuro che la crociata partirà. Piano, piano. Poco, poco. Come piace a noi :-)
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La non-notizia de "La Stampa.it"
La
stampa.it, forse complice il caldo torrido di una domenica di luglio (e, dunque, rimpiangendo un pò del freddo dell'inverno), mette in prima pagina questo titolo
"Proposta PdL: dodici mesi di carcere a chi istiga alla violenza su Internet".Proprio una cosa da non crederci: questi senatori del PdL (in particolare,
Raffaele Lauro come primo firmatario) non riescono a starsene con le mani in mano un secondo, sempre pronti ad attentare alla libertà della Rete, pure con questo caldo!
Beh, non proprio. Perchè
la proposta è vecchia e risale ai fatti di Piazza del Duomo e della statuetta tirata a Berlusconi (basta leggere la relazione introduttiva - e il giornalista l'ha letta, vedi più avanti -
"I recenti episodi che hanno caratterizzato la vita pubblica nel nostro Paese evidenziano la necessità di intervenire sul diffuso fenomeno caratterizzato da forme di esortazione alla violenza e all’aggressione, mediante discorsi, scritti ed interventi. Tali fenomeni, in virtù delle moderne tecnologie, riescono oggi ad acquisire una rilevanza mediatica particolarmente significativa"). Fu, infatti, presentata il 21 dicembre 2009 e assegnata alla Commissione giustizia, in sede referente, il 26 gennaio 2010: da allora giace lì, dimenticata (e tale rimarrà fino alla fine delle legislatura, si accettano scommesse), almeno fino ad oggi.
Va beh, si dirà, si sono sbagliati, non hanno visto le date.
Invece no, perchè il virgolettato riportato nell'articolo e che sembra essere una dichiarazione del Sentatore Lauro, in realtà è un sostanziale copia/incolla di quanto contenuto nella relazione introduttiva del provvedimento.
"Una soluzione di questo tipo -sottolinea l’esponente del centrodestra- non potrebbe essere soggetta a censure connesse alla possibile lesione al diritto alla libertà di manifestazione del pensiero sancita dall’articolo 21 della Costituzione: se così fosse, non potrebbe considerarsi costituzionalmente compatibile neanche la fattispecie prevista dall’articolo 303 del Codice penale, che punisce l’istigazione a commettere un delitto meno grave rispetto a quelli contro la vita e l’incolumità delle persone" .
"Una soluzione di questo tipo peraltro non potrebbe essere soggetta a censure connesse alla possibile lesione del diritto alla libertà di manifestazione del pensiero, di cui all’articolo 21 della Costituzione. Ciò per una duplice considerazione: da una parte, infatti, se così fosse, non potrebbe considerarsi a fortiori costituzionalmente compatibile neanche la fattispecie di cui all’articolo 303 del codice penale, che punisce l’istigazione a commettere un delitto meno grave rispetto a quelli contro la vita e l’incolumità delle persone". Che dire: è La Stampa, bellezza!
Etichette: diritto di cronaca, internet, istigazione, La stampa
Alla faccia dell'efficienza!
Sono passati oltre quattro mesi e il
Ministro non si è degnato di dare una risposta: alla faccia della lotta ai fannulloni!
Attendiamo fiduciosi.
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Parole sante quelle di Fini sul DDL Intercettazioni
"Io non ho interesse a fare il controcanto ma su alcune questioni non faccio finta di non vedere. Dopo le parole del procuratore Grasso serve una riflessione sul ddl intercettazioni. Se si è in buona fede le soluzioni si trovano, sennò non accetto che non si possa contestare una decisione già presa». «Certo è una vergogna il fatto che possano finire su giornali telefonate che non c'entrano nulla ma vogliamo discutere? Ma quale nesso c'è tra la necessità di una legge ed il divieto per la polizia di mettere una cimice nella macchina della moglie di un mafioso? Lo dicono i sindacati di polizia, lo dice il procuratore Grasso. Vogliamo fermarci e riflettere perché il valore della legalità è intoccabile"
Sono parole sante che nel frastuono di questi giorni hanno il pregio di mantenere distinti due aspetti del DDL intercettazioni (pessima proposta di legge per come uscita dal Senato, imho) molto spesso tenuti insieme (ad arte?): 1) la disciplina delle intercettazioni come mezzo di ricerca della prova; 2) la pubblicazione sulla stampa degli atti di un procedimento penale.
L'idea che le regole attuali consentano un abuso delle intercettazioni è sbagliata. Sono le persone che applicano quelle regole eventualmente a perpetrare abusi. Dal punto di vista della tenuta della norma, l'impianto offre di per sè garanzie e non c'è necessità di rivisitazioni.
L'idea che occorra ridurre le intercettazioni, per ridurre il numero delle intercezzazioni che finiscono sui giornali è ancora più sbagliata. Sarebbe come dire: siccome non riesco a tenere i buoi nella stalla, ne ammazzo una buona parte così quelli che scappano sono di meno.
L'idea che tutto quello che finora i giornali hanno pubblicato sia legale e diventerebbe illegale in caso di approvazione di questo DDL è anch'essa sbagliata: gran parte delle intercettazioni pubblicate provengono da materiale coperto da segreto istruttorio e che non avrebbe dovuto uscire dalle procure perchè così vuole la legge. Pensare di punire gli editori è sbagliato? Pensare di punire i giornalisti è sbagliato? Probabilmente si, anzi sicuramente si.
Mi aspetto, però, che in un paese civile, se un atto coperto da segreto istruttorio che riguarda un mio procedimento, nel quale posso essere stato coinvolto per un'infinità di ragioni, finisce sui giornali, qualcuno paghi con il proprio posto di lavoro o con la propria carriera.
Perchè il valore della legalità (di tutta la legalità) è intoccabile.
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