Ho ricevuto, come ogni settimana, la newsletter dell'EFF. Segnalano, tra le altre cose, il progetto universitario www.copyrighthistory.org, che sarà presentato ufficialmente a Londra il prossimo 19 e 20 marzo.
Sarà così disponibile online un archivio gratuito di documenti concernenti la storia del copyright dal 1450 al 1900, in relazione a cinque giurisdizioni: Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti.
Qualche mese fa, a seguito del lavoro svolto nelle commissioni nominate dal Prof. Gambino, Arturo di Corinto aveva lanciato l'idea di un gruppo di ricerca presso la sua cattedra che continuasse ad occuparsi di Diritto d'Autore, Nuove Tecnologie e Usi Sociali dei Media Digitali.
Quell'idea nel corso degli ultimi mesi ha preso corpo, riunione dopo riunione, incontro dopo incontro.
Il 13 marzo partiranno i seminari che abbiamo organizzato. Sinceramente non mi aspettavo che i 50 posti a disposizione andassero esauriti nel giro di qualche giorno e che dovessimo chiudere anticipatamente le iscrizioni. Una piacevole sorpresa.
Ha, inoltre, iniziato ad operare lo Sportello Liberius per garantire assistenza agli studenti della facoltà sulle tematiche oggetto del gruppo.
E' passato ormai un anno dal concerto al Coetus. Finalmente con gli StileLibero torniamo a suonare dal vivo e speriamo che quest'anno ci siano più occasioni di esibirsi (per quanto l'unica data annuale ha il suo fascino!).
Per chi volesse venire a sentirci e a passare una serata con noi, l'appuntamento è per venerdì 7 marzo, a partire dalle 22:30, al Naif Cafè di Roma.
Un paio di giorni fa ho scritto a Lawrence Lessig. Avevo letto della sua nuova iniziativa "Change Congress" e, visto che sul sito di riferimento chiedeva opinioni a riguardo, avevo pensato di manifestargli il mio supporto e il mio apprezzamento per quanto fin qui fatto come insegnante e divulgatore.
Stasera ho ricevuto la sua risposta.
Mi sono così tornate alla mente un pò di email spedite a destinatari assai meno illustri (e guarda caso tutti italiani) e che ancora attendono una risposta.
Speravo fosse presto disponibile online! Si tratta dell'ultima lezione che Lawrence Lessig ha tenuto lo scorso 31 gennaio alla Stanford University. Ho iniziato a guardare il filmato e dopo i primi minuti non ho potuto fare a meno di postarlo sul blog. Adoro il suo modo di insegnare e di esporre i concetti.
Visto che a partire da marzo insegnerò da loro, ho pensato di mandare il mio alter ego, Roland Pintens, in visita alla sede che la Link Campus - University of Malta ha da poco aperto su Second Life.... non ho resistito alla tentazione di una foto ricordo :-)
Le regole in questione dovrebbero, una volta approvate in via definitiva, mandare in pensione la delibera CNIPA 11/2004.
Mi sembra interessante segnalare quanto si trova scritto all'articolo 3, comma 2: "La redazione del testo avviene utilizzando prodotti informaticidi mercato o "a codice aperto" di larga diffusione".
I prodotti open source non sono (o non possono essere) prodotti di mercato?
p.s.: il Codice dell'Amministrazione Digitale utilizza una terminologia, a mio avviso, più corretta, laddove, all'art. 68, fa riferimento all'acquisizione di programmi di tipo proprietario mediante licenza d'uso o di programmi informatici a codice sorgente aperto.
Quella strana legge sui pc senza memoria (ovvero, la dura vita del legislatore)
Lo scorso 6 febbraio è stata pubblicata in G.U. la legge 16 gennaio 2008, n. 16, recante: "Modifica all'articolo 32 della legge 3 febbraio 1963, n. 69. Introduzione dell'uso dell'elaboratore elettronico (personal computer) nello svolgimento della prova scritta dell'esame di idoneita' professionale per l'accesso alla professione di giornalista".
La legge da ultimo richiamata all'art. 1, comma 1, così recita:
1. All'articolo 32 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, e' aggiunto, in fine, il seguente comma:«Per lo svolgimento della prova scritta e' consentito l'utilizzo di elaboratori elettronici (personal computer) cui sia inibito l'accesso alla memoria secondo le modalita' tecniche indicate dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, sentito il Ministero della giustizia»
Scritta così sembrerebbe che l'accesso alla memoria è inibito e il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti è chiamato a dettare le modalità tecniche che rendano operativa tale inibizione.
Pur non essendo un informatico, non credo che un pc possa funzionare se ne sia inibito l'accesso alla memoria.
Sulla formulazione di questa disposizione (ancora in fase di approvazione) aveva ironizzato Manlio Cammarata, dalle colonne di Interlex, qualche tempo fa.
50 anni sono pochi, meglio 95... meglio ancora l'eternità.
Leggo su Punto-Informatico che il Commissario Europeo, Charles McCreevy, ha proposto un'estensione della durata dei diritti riconosciuti agli intepreti ed esecutori dagli attuali 50 anni a 95 anni.
Invece di procedere con continue estensioni non si farebbe prima a gettare la maschera e disporre che la tutela deve essere eterna?
George Gershwin è nel pubblico dominio, senza punto interrogativo
Come segnalato in un prezioso commento da parte di K2 al precedente post , la norma citata è stata abrogata nel 1996, dunque le opere di George Gershwin sono nel pubblico dominio dal 1 gennaio 2008.
Il primo post di quest'anno parlava tra le altre cose di George Gershwin e del fatto che le sue opere a partire dal primo gennaio 2008 fossero entrate nel pubblico dominio (essendo egli morto nel 1937).
Oggi ho appreso che forse così non è, quanto meno per l'Italia.
Occore premettere che secondo le disposizioni di diritto internazionale privato (in particolare l'art. 54 L. 218/1995) rispetto ai diritti sui beni immateriali trova applicazione la legge dello stato di utilizzazione. Dunque per le utilizzazioni dell'opera in Italia si applica la legge italiana.
La legge italiana, come noto, accorda all'autore una serie di diritti utilizzazione economica dell'opera per un periodo limitato: tutta la sua vita più 70 anni.
Dunque le opere di Gershwin dovrebbero essere cadute in pubblico dominio, giusto?
Il provvidimento sopra richiamato, infatti, all'art. 1 così recita: "La durata dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell'ingegno accordati dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, è prorogata di sei anni per tutte le opere pubblicate e non ancora cadute in pubblico dominio alla data di entrata in vigore del presente decreto"
Dunque pubblico dominio rimandato al 1 gennaio 2014?
La storia infinita di Chinese Democracy, fantomatico nuovo album dei Guns n' Roses v. 2.0, mi affascina terribilmente. Sarà che ho avuto sempre un debole per le storie decadenti e quella dei Guns lo è in pieno, sarà che il voler rimettere insieme con altri musicisti una band che a suo modo ha scritto la storia dell'hard rock ha del folle e del malinconico allo stesso tempo. Nessuno sa bene se questo album verrà mai pubblicato, ora pare che sia finalmente nelle mani della casa discografica. Quello che è certo è che apparizione dopo apparizione, concerto dopo concerto, una serie di brani inediti sono stati rilasciati. Tra di essi "The blues" una canzone che, nel testo e nella musica, è, a mio avviso, meravigliosa. Un fan ne ha realizzato un video, poi postato su you tube. Molto bello l'abbinamento tra musica e immagini, tra vecchi e nuovi Guns n' Roses, con in mezzo Axl e i suoi cambiamenti.
Melania, commentando il precedente post, scrive "in Italia, ma non solo, si ha l'abitudine di rispondere ai problemi legiferando. Facciamo leggi su leggi, senza occuparci della giusta applicazione delle norme già esistenti".
Sono assolutamente d'accordo. Siamo afflitti da ipertrofismo normativo, o, meglio, da quello che il Prof. Rodotà ha brillantemente definito "imperialismo giuridico". C'è una inarrestabile tendenza a normare ogni aspetto dell'esistenza, a non lasciare nulla al "non diritto", quasi che, in assenza della regola giuridica, i rapporti non possano ugualmente svlupparsi in modo ordinato.
Guardando poi al settore specifico del diritto delle nuove tecnologie, mi pare si possa intravedere un'ulteriore tendenza (che, in qualche modo, avevo cercato di enucleare nell'articolo "L'informatica, il Diritto e l'Importanza dell'Errore"). Si tende a legiferare avendo come unico pensiero l'inviolabilità della disposizione.
Si considera "buona" una disposizione se è difficile violarla (se poi fosse addirittura impossibile, con un'iniezione tecnologica, tanto meglio).
Si costruiscono, così, mostruosi impianti normativi fatti di regole e regolette che altra funzione non hanno se non quella di rendere il sistema "più sicuro" (leggasi "invulnerabile").
L'ordinamento ha un senso? Risponde ad esigenze sentite dalla collettività? Ha consenso sociale? Non importa, l'importante è che sia sicuro.
A mio avviso una norma è davvero buona quando è rispettata a prescindere dal (pur necessario) sistema sanzionatorio che l'accompagna, quando l'assetto dei rapporti sociali che ne risulta è migliore del precedente.
Una norma è davvero buona quando leggendola in dieci, tutti e dieci ci leggono la stessa cosa.
Insomma, quante buone norme conoscete?
P.s.: grazie sia a Federico che a Herr Doktor per aver posto il problema della comunicazione. Trovo anche io che quello della comunicatività sia il maggior pregio del progetto Creative Commons e il maggior difetto di molti altri progetti, anche italiani, che forse saranno più solidi dal punto di vista giuridico ma trasmettono la passione di una natura morta.
Qualcuno forse ricorderà la storia del DMCA modello svizzero, il provvedimento con cui anche lo stato elvetico si uniformava al trend internazionale e assicurava copertura legale all'autotutela tecnologica. La norma per la verità non era così male e prevedeva addirittura una sorta di right to hack, ossia un diritto a violare le misure tecnologiche di protezione poste a tutela dell'opera qualora ciò avvenisse per scopi legali.
Ma il post non è su questo. Il post è sulla raccolta di firme che era partita all'indomani dell'adozione del provvedimento. Ne sarebbero servite 50.000 per chiedere di rivedere la legge impedendo così la sua entrata in vigore.
Chi si occupa, per lavoro o per passione, di diritto d'autore e nuove tecnologie (ma più in generale di informatica giuridica, nella sua accezione più ampia) può spesso sfociare nell'autoreferenzialità. Ci si legge solo "tra di noi", si discute animatamente (sempre tra i soliti noti, alcuni dei quali finiscono per acquisire anche una certa celebrità nell'ambiente di riferimento) ma, alla fine delle partita, nel mondo reale, là fuori, le cose che davvero interessano sono altre.
Le limitazioni poste dall'ennesima legge sul diritto d'autore occupano e preoccupano solo chi ad esse ha votato la propria esistenza.
Mio cugino di 15 anni mi ha spiegato la sua visione del diritto d'autore: "scaricare musica è consentito, scaricare i film è illegale".
Ronaldo Lemos è il presidente di ICommons, nonchè responsabile del capitolo brasiliano di Creative Commons. Lo scorso novembre ha partecipato alle "Google Pubblic Policy Series", tenendo un bel discorso sul tema della produzione culturale e dell'inclusione digitale nei paesi in via di sviluppo. Ascoltandolo ho scoperto che la legislazione brasiliana in tema di "libere utilizzazioni" è assai più restrittiva della nostra e di quella europea in genere. Naturalmente, non avendo altre fonti a disposizione, prendo per buono quanto da lui riferito. Se ci fosse qualche esperto di diritto d'autore brasiliano di passaggio può confermare o smentire ;-)
Cultura libera, società libera (il diritto d'autore nel web 2.0)
Grazie alla disponibilità di Arturo di Corinto (docente di "Comunicazione Mediata dal Computer", Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università di Roma "La Sapienza"), avrò il piacere di coordinare un ciclo di seminari sul tema "Cultura libera, Società libera" a partire dal prossimo 13 marzo presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università "La Sapienza".
Chiaramente i primi destinatari dell'iniziativa sono gli studenti della facoltà, ma se altri volessero passare a trovarmi e condividere con me questa esperienza ne sarei felice.
Insomma a partire dal 13 marzo, per cinque giovedì, dalle 17 alle 20, in aula B10 si parla di diritto d'autore nel web 2.0 ;-)
Dopo BUMA/STEMRA (Olanda), adesso anche KODA, la collecting society danese, ha abbracciato le licenze Creative Commons. Non tutte, naturalmente, ma solo quelle che consentono usi non commerciali dell'opera.
Gli artisti iscritti alla Koda che volessero avvalersi di questa nuova opportunità dovranno sottoscrivere un accordo in cui dichiarano quali brani intendono licenziare con la modalità suddetta.
Nel frattempo è già disponibile online il primo album che si avvale della collaborazione KODA/CC. Si chiama "Small arm of the sea" diTone.