Equo compenso: cosa ha detto la Corte di Giustizia (e cosa non ha detto)
Come ho già scritto, il 21 ottobre u.s la Corte di Giustizia Europea ha pronunciato un'importante sentenza in materia di equo compenso, ossia il prelievo imposto su strumenti e supporti di registrazione per compensare i titolari dei diritti per la c.d. copia privata.
Provo a riassumere di seguito ciò che la Corte ha affermato.
1. Il concetto di "equo compenso" è parte integrante del diritto comunitario e come tale deve ricevere un'interpretazione ed un'applicazione uniforme negli stati membri laddove gli stessi abbiano previsto nella loro legislazione l'eccezione per copia privata.
2. L'equo compenso rappresenta un sistema per compensare i titolari dei diritti per la contrazione dell'area di esclusività del diritto di riproduzione a seguito dell'introduzione dell'eccezione per copia privata. Per questi motivi lo stesso concetto di "equo compenso" e la determinazione del quantum debeatur devono essere collegati al pregiudizio subito dai titolari dei diritti.
3. Se l'equo compenso serve per compensare il pregiudizio subito dai titolari dei diritti per l'eccezione di copia privata, allora, dice la Corte, è il privato che deve pagare, cioè il soggetto beneficiario dell'eccezione. Tuttavia, aggiunge la Corte, poichè un meccanismo del genere sarebbe di difficile attuazione, al fine di raggiungere il medesimo scopo, gli Stati Membri possono imporre una tassa (a private copying levy) a carico di chi possiede strumenti di riproduzione o li rende disponibili al pubblico o vende servizi finalizzati a quello scopo. E' vero, afferma la Corte, che questo sistema non è quello delineato nella direttiva 2001/29/CE, ma raggiunge comunque il medesimo scopo poichè chi vende gli strumenti di riproduzione (lettori mp3, cd, DVD ecc) carica sul prezzo l'equo compenso che quindi sarà pagato dal privato che effettua la copia.
4. Arriviamo ad uno dei punti di maggiore interesse: in ragione di quanto sopra, l'equo compenso può gravare indiscriminatamente su tutti i prodotti atti alla registrazione? La risposta della Corte è negativa, ma solo in parte a mio avviso. Si dice, infatti, che l'applicazione dell'equo compenso su tutti gli strumenti di riproduzione digitale, inclusi quelli acquistati per finalità professionali e, dunque, non destinati ad essere utilizzati per la registrazione di copie private, non è conforme all'ordinamento comunitario. Subito dopo, però, la Corte dice che laddove i predetti strumenti siano stati ceduti a persone fisiche per scopi privati allora non è necessario dimostrare che siano stati effettivamente utilizzati per realizzare copie private ("where the equipment at issue has been made available to natural persons for private purposes it is unnecessary to show that they have in fact made private copies with the help of that equipment and have therefore actually caused harm to the author of the protected work"). Come dire, non è contraria all'ordinamento comunitario l'indiscriminata estensione dell'equo compenso a tutti i device e i supporti di registrazione, ma solo l'indiscriminata estensione soggettiva (e, infatti, più avanti si dice: "It follows that the fact that equipment or devices are able to make copies is sufficient in itself to justify the application of the private copying levy, provided that the equipment or devices have been made available to natural persons as private users").
Come impatterà questa sentenza sul giudizio attualmente pendente davanti al TAR Lazio e che riguarda il c.d. Decreto Bondi? A mio avviso non sposterà di molto le valutazioni (quali esse siano) del giudice amministrativo. Anche perchè la sentenza, nella parte finale, rimanda (come ovvio) al giudice nazionale la valutazione circa la compatibilità di una determinata scelta normativa con l'ordinamento comunitario.
Staremo a vedere.
Etichette: commento, copia privata, corte di giustizia, equo compenso, sentenza
4 Commenti:
Salve,
la sentenza di cui si parla non cambia nulla dal punto di vista sostanziale: semplicemente abbatte la catena di prelievo dell'imposizione (importatore-distributore-dettagliante-consumatore) per limitarla al binomio dettagliante-consumatore privato. Del resto tutto nasce dal ricorso presentato da una società di distribuzione di supporti e periferiche. In pratica l'obbligo di incassare l'equo compenso viene scaricato solo sui commercianti al dettaglio, sgravando dell'onere tutta la filiera distributiva a monte. Non viene minimamente intaccato il principio dell'equo compenso e soprattutto nemmeno in questa sentenza viene posto in rilievo il fatto che i supporti e le apparecchiature in considerazione non sono destinate esclusivamente alla copia privata, ma potrebbero essere utilizzate per la conservazione di contenuti multimediali privati (foto delle vacanze, filmati con le recite dei figli e via dicendo). Anzi a tale proposito la sentenza ha un ulteriore effetto perverso in quanto stabilisce in forma esplicita che il privato deve comunque pagare l'equo compenso a prescindere dall'uso effettivo per la copia privata (che si dà per presunto).
Un saluto.
Buona sera
pur condividendo il commento vorrei segnalare che la normativa prevede che il compenso sia dovuto da chi fabbrica importi o distribuisca il supporto soggetto ad imposizione. A mio modesto avviso il grossista o dettagliante non rientra in questa filiera presumendo che la tassa sia stata pagata dal fornitore e/o importatore. Difatti una circolare SIAE del gennaio 2004 raccomandava/sugeriva ai rivenditori di pretendere dal fornitore che venisse evidenziato in fattura l'ammontare del compenso. Un tanto per opportuna chiarezza
@Lino De Benedetto: sono sostanzialmente d'accordo con lei. La sentenza non stravolge l'attuale scenario ma precisa alcuni aspetti, sia pur rilevanti. Personalmente sono molto curioso di conoscere come si comporterà il giudice del rinvio nel dare attuazione ai principi indicati dalla Corte. Staremo a vedere.
Buona sera,
un breve intervento per una doverosa precisazione: l'equo compenso era e rimane a solo carico dell'utilizzatore finale (privato)sul quale veniva e verrà scaricato l'onere con un meccanismo simile a quello dell'IVA. La catena impositiva aveva il solo fine di agevolare la fase di acquisizione da parte della SIAE, che incassava dagli importatori/produttori. Il problema sarà come la SIAE farà a raccogliere il compenso dai singoli dettaglianti...
Un saluto
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