Se non cambiano le leggi sarà sempre peggio
Ho letto il provvedimento del tribunale del riesame di Bergamo con il quale, dopo la sentenza della Cassazione, è stato confermato il decreto di sequestro di The Pirate Bay.
L'ho già scritto qualche tempo fa: la sentenza della Cassazione ha aperto una breccia particolarmente inquietante.
Se lo schema è The pirate bay + tizio concorrono nel reato di messa disposizione abusiva di opere tutelate dal diritto d'autore (peraltro con fattispecie diverse, in ragione dello scopo di lucro perseguito dal primo e non dal secondo) e, dunque, in ragione di quanto sopra e al fine di limitare il perpetuarsi delle condotte costituenti reato e non potendo materialmente sequestrare i server di The Pirate Bay, se ne inibisce l'accesso attraverso i provider nazionali; se questo viene considerato un normale corollario del sequestro nei procedimenti penali, laddove non ci possa essere materiale apprensione del bene, allora, considerata la rilevanza penale della stragrande maggioranza delle condotte poste in essere in rete per quanto concerne l'utilizzazione da parte degli utenti di opere tutelate dal diritto d'autore, ciò significa che molte delle piattaforme di UGC (YouTube et similia) sono a rischio inibizione se solo i titolari dei diritti decidano di cambiare strategia e, invece di intentare cause civili milionarie, optino per il penale.
E' evidente che il sistema rischia di collassare, salvo riaffermare a livello comunitario e con maggior forza il principio di irresponsabilità degli intermediari in modo che anche realtà ibride come i nuovi portali alla YouTube (non rientranti a pieno nella definizione di Hosting Provider puro, ma neppure in quella di Broadcaster puro) possano beneficiare con sicurezza di tale garanzia.
Non buttiamo via il meglio di Internet per colpa di qualche brano di Britney Spears.
Etichette: copyright, diritto d'autore, inibizione, riesame, sequestro, the pirate bay
3 Commenti:
Il Collegio di Bergamo dice di più di quanto detto dalla Cassazione. Evidenzia le clausole di salvaguardia degli artt.12, 13 e 14 della dir.2000/31/CE che lasciano impregiudicata la libertà per gli Stati membri di prevedere che un'attività amministrativa o un organo giurisdizionale esigano che un ISP impedisca ad un sito, divenuto instrumentum sceleris, di continuare ad essere accessibile dagli utenti. Inoltre richiama l'art.31 della legge delega n.39/2002 che evidenzia le eccezioni (troppo spesso dimenticate anche dai c.d. "esperti") al principio generale di esenzione da responsabilita' degli ISPs.
G.C.
Quel passaggio però è la diretta conseguenza di quanto affermato dalla Cassazione e considerato l'attuale ipertrofismo penalistico dell'attuale lda pone le basi per conseguenze davvero preoccupanti per i più innovativi business internettiani.
Concordo sulla dimenticanza dei limiti di responsabilità degli isp previsti dalla direttiva ma non credo di poter essere annoverato tra gli "smemorati" :)
Su un altro blog che pure tu leggi, avevo scritto, commentando la sentenza della Cassazione, della necessità di rivedere totalmente la dir.2000/31/CE al fine di disciplinare meglio ed in maniera più definita le nuove dinamiche tecniche ed economiche del web. Ciò proprio al fine di scongiurare le conseguenze preoccupanti a cui tu oggi ti riferisci. Non credo che sia una soluzione valida, nè giusta la mera riaffermazione, in senso più ampio, del principio di irresponsabilità degli intermediari; a mio avviso è necessario che la nuova normativa sull'ecommerce preveda una casistica dettagliata dei modelli di business leciti e di quelli illeciti (senza spazi per ambiguità). La gente deve capire che le norme (chiare ed universalmente riconosciute) in questa materia ci vogliono anche e soprattutto per separare gli ISPs furbetti dagli ISPs onesti.
In più di una occasione hai dimostrato di essere una persona competente ed obiettiva nei giudizi, per cui è superfluo dirti che non ti annovero tra gli "smemorati".
G.C.
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