giovedì, febbraio 16, 2012

La Corte di Giustizia UE su sistemi di filtraggio online





Il comunicato stampa (qui il testo integrale della sentenza)della Corte di Giustizia UE relativo alla sentenza pronunciata nella causa C360/10 - SABAM c. Netlog è l'ennesima conferma che la tutela del diritto d'autore non può spingersi fino al punto di calpestare o mettere in pericolo diritti fondamentali dei cittadini come quello alla riservatezza e alla libertà di espressione e comunicazione.

Si legge nel comunicato che "l’ingiunzione di predisporre un sistema di filtraggio implicherebbe una sorveglianza, nell’interesse dei titolari di diritti d’autore, sulla totalità o sulla maggior parte delle informazioni memorizzate presso il prestatore di servizi di hosting coinvolto. Tale sorveglianza dovrebbe inoltre essere illimitata nel tempo e riguardare qualsiasi futura violazione e postulerebbe l’obbligo di tutelare non solo opere esistenti, bensì anche opere che non sono state ancora create nel momento in cui viene predisposto detto sistema. Un’ingiunzione di questo genere causerebbe, quindi, una grave violazione della libertà di impresa della Netlog, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso, costoso, permanente e unicamente a sue spese.

Gli effetti dell’ingiunzione non si limiterebbero alla Netlog, poiché il sistema di filtraggio controverso è idoneo a ledere anche i diritti fondamentali dei suoi utenti, ossia il loro diritto alla tutela dei dati personali e la loro libertà di ricevere o di comunicare informazioni, diritti, questi ultimi, tutelati dagli articoli 8 e 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Infatti, l’ingiunzione implicherebbe, da un lato, l’identificazione, l’analisi sistematica e l’elaborazione delle informazioni relative ai profili creati sulla rete sociale, informazioni, queste, che costituiscono dati personali protetti, in quanto consentono, in linea di principio, di identificare gli utenti. Dall’altro, l’ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito ed un contenuto lecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito.

Di conseguenza, la Corte risponde che il giudice nazionale, adottando un’ingiunzione che costringa il prestatore di servizi di hosting a predisporre un simile sistema di filtraggio, non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra il diritto di proprietà intellettuale, da un lato, e la libertà di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni, dall’altro".

Viene da chiedersi, allora, come possano essere compatibili con il diritto comunitario normative nazionali, come quella francese, che hanno implementato una sorveglianza generalizzata degli utenti della Rete, affindandone l'esecuzione ad un'autorità amministrativa (HADOPI).


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2 Commenti:

Alle 6:33 PM , Blogger Eleonora Rosati ha detto...

E viene anche da chiedersi come possa essere condotto il dibattito sull'ACTA, ora che l'UE vi ha aderito. Mi sembra che ci sia una discrasia tra l'Europa politica e l'Europa giudiziaria. Se può interessare, ho scritto un veloce commento a tal proposito sul mio Blog: http://the1709blog.blogspot.com/2012/02/filtering-is-not-for-social-networks.html

 
Alle 9:52 PM , Anonymous G.C. ha detto...

@Eleonora Rosati: A mio avviso il codice della proprietà industriale prevede già strumenti processuali in linea con le indicazioni di ACTA per inibire le violazioni. Per noi italiani, dunque, ACTA avrà solo un impatto come "moral suasion" e forse sarà interpretato come un incentivo a perseguire più severamente (ma con gli strumenti processuali già esistenti) le possibili violazioni. Certamente l'articolo 12(1)(a) non potrà essere interpretato per consentire filtraggio e monitoraggio (alla luce della giurisprudenza, che ormai può considerarsi consolidata, della Corte di Giustizia.
G.C.

 

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