lunedì, gennaio 31, 2011

Acquisto di software senza gara: Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 642/2011

Interessante sentenza del Consiglio di Stato sul tema dell'acquisizione di software da parte della PA attraverso una procedura negoziata senza pubblicazione di bando di gara (l'ex trattativa privata).

In particolare il Collegio, dopo aver premsso che "è del tutto pacifico il principio per cui la procedura di evidenza pubblica costituisce un indispensabile presidio a garanzia del corretto dispiegarsi della libertà di concorrenza e della trasparenza dell’operato delle amministrazioni", ricorda che l’art. 57, comma 2, del Codice dei contratti pubblici di appalto prevede una deroga "qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato".

Secondo il Consiglio di Stato (a differenza di quanto ritenuto dal giudice di prime cure secondo il quale la "unicità" dell’imprenditore offerente prescelto doveva risultare chiara ed evidente ex ante), l'unicità cui la norma sopra richiamata fa riferimento deve essere apprezzata unitariamente e, dunque, non è in radice esclusa dall'espletamento di una procedura acquisitiva dei dati di base (indagine di mercato e successivo benchmark) lunga e complessa, se la stessa si è resa necessaria in ragione della natura del prodotto da acquisire e alla pregressa non positiva esperienza della PA.

In particolare, "laddove si tratti di un prodotto "non ordinario", ma passibile di valutazione sotto svariati punti di vista ("nuovo" verrebbe fatto di dire), non può ritenersi inadeguata la scelta di effettuare una ricerca di mercato, con una successiva sperimentazione particolarmente approfondita. Tale scelta non risulta incompatibile con il rigoroso presupposto richiesto per l’applicazione dell’art. 57, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006 n.163, proprio perché volto a verificare che il prodotto fosse "unico". Infatti, proprio l‘indagine di mercato, a seconda dei casi, può far pervenire ad una corretta, informata e meditata conclusione che un prodotto sia "unico" ovvero "infungibile" .

Ed ancora, aggiunge il Collegio, "se si accogliesse una nozione astratta di "unicità", quale quella che pare essere fatta propria dal primo Giudice, anche tenendo conto di tali profili si rimarrebbe fuori dall’ambito applicativo legittimante il ricorso alla disposizione di cui all’art. 57 in oggetto. V’è da chiedersi, però, muovendo da tali presupposti, quando mai essa potrebbe trovare applicazione. Ciò perché sarebbe ben difficile in rerum natura rinvenire esempi di "fornitore unico in astratto" o il che è identico, di prodotto o servizio offerto da un solo fornitore. E men che mai avuto riguardo ad un "prodotto" frutto di creazione intellettuale ed in continua evoluzione quale incontestabilmente è quello in esame.L’interpretazione della citata disposizione, in siffatta ipotesi, non si conformerebbe al canone di restrittività prescritto dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria: trasmoderebbe in una interpretatio abrogans. Non appare viziata, pertanto, una interpretazione, come quella seguita dall’amministrazione, che (ben conscia della circostanza che altri offerenti, in futuro, potrebbero crearne uno similare) ha considerato "unico" il prodotto che, in quel momento, sia pronto all’uso, senza necessità di adeguamenti, modifiche ed ulteriori incrementi ed adattamenti: risulta ragionevole che a tale valutazione di "unicità" essa sia pervenuta tenendo conto del fattore temporale - quanto alla disponibilità del medesimo,-alla circostanza della avvenuta pregressa sperimentazione del medesimo, ed al dato relativo alla possibilità di poterne divenire "proprietaria" acquisendo il "codice sorgente".

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