Software Libero: meno male che c'è la Corte Costituzionale
Come noto, il 26 marzo 2009 la Regione Piemonte si era dotata di una legge recante"Norme in materia di pluralismo informatico, sull'adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella pubblica amministrazione".
All'articolo 1, comma 3 (occorre ricordare sempre che si sta parlando di una legge regionale) si poteva leggere questa perla: "3. Alla cessione di software libero non si applicano le disposizioni di cui all' articolo 171-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), come sostituito dall' articolo 13 della legge 18 agosto 2000, n. 248 (Nuove norme di tutela del diritto d'autore)."
Sul punto (e anche su altro) è intervenuta qualche giorno fa la Corte Costituzionale (sentenza n. 122/2010) per ricordare che "la norma censurata, che sarebbe superflua secondo l’interpretazione propugnata dalla resistente, sottrae al precetto penale la cessione, in qualsiasi forma, di software libero, ancorché essa possa rivelarsi abusiva sia per invalidità della licenza, sia per contrasto con eventuali limiti o prescrizioni dalla medesima licenza previsti. La stessa resistente, del resto, chiarisce che le licenze open, proprio per garantire le libertà riconosciute all’utente, «impongono precisi limiti alla possibilità di modificare (o negare) i diritti di quest’ultimo» e «queste garanzie, naturalmente, si riflettono anche in vincoli e responsabilità per coloro che utilizzano, studiano, sviluppano tali software».
L’ampia formula adottata dal legislatore regionale, dunque, esclude dall’ambito applicativo del precetto penale anche condotte suscettibili di essere qualificate come abusive, superando il limite inderogabile dell’ordinamento penale e perciò ledendo la competenza esclusiva dello Stato in tale materia, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (ex plurimis: sentenze nn. 295 e 168 del 2009 e n. 183 del 2006).
L’ampia formula adottata dal legislatore regionale, dunque, esclude dall’ambito applicativo del precetto penale anche condotte suscettibili di essere qualificate come abusive, superando il limite inderogabile dell’ordinamento penale e perciò ledendo la competenza esclusiva dello Stato in tale materia, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (ex plurimis: sentenze nn. 295 e 168 del 2009 e n. 183 del 2006).
Ne deriva che deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della legge della Regione Piemonte n. 9 del 2009".
Insomma, meno male che è intervenuta la Corte Costituzionale a ripristinare quelle garanzie, anche penali, a difesa del software libero che un legislatore regionale, animato dal sacro fuoco della libertà, aveva finito per considerare "superflue".
Dagli amici mi guardi Dio... :-)
Etichette: corte costituzionale, free software, libero, open source, regione piemonte, software
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