Ultimamente vanno di moda le domande
SIAE, acquistando un'intera pagina sul Corriere della Sera, lancia le sue dieci domande (e un invito) sul diritto d'autore in Rete e sulla delibera AGCOM.
Segno evidente che, nonostante i disfattismi e gli allarmismi autolesionisti, l'azione di contrasto al provvedimento AGCOM è stata efficace ed è riuscita in un autentico miracolo.
Era già tutto deciso: siamo riusciti a girare il tavolo e ribaltare una partita cui, fino a poche settimane fa, nessuno dei guru dell'Internet italiana aveva voluto prender parte, considerandola irrimediabilmente persa.
La SIAE pone delle domande, alcune evidentemente a se stessa ("6. Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo?"), altre che hanno come unica finalità quella di radicalizzare lo scontro tra le parti in gioco ("1. Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato? 2. Perché coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura? 3. Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri? 4. Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?").
Ritengo che non sia utile a nessuno questo modo di ragionare. Certamente non è e non sarà mai il modo di ragionare di chi, come il sottoscritto, si è impegnato in prima persona nella campagna sitononraggiungibile.
Abbiamo bisogno di ripensare radicalmente il diritto d'autore, garantendo gli autori e al contempo i nuovi linguaggi abilitati dalla Rete.
La SIAE pone delle domande, alcune evidentemente a se stessa ("6. Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo?"), altre che hanno come unica finalità quella di radicalizzare lo scontro tra le parti in gioco ("1. Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato? 2. Perché coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura? 3. Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri? 4. Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?").
Ritengo che non sia utile a nessuno questo modo di ragionare. Certamente non è e non sarà mai il modo di ragionare di chi, come il sottoscritto, si è impegnato in prima persona nella campagna sitononraggiungibile.
Abbiamo bisogno di ripensare radicalmente il diritto d'autore, garantendo gli autori e al contempo i nuovi linguaggi abilitati dalla Rete.
Non una delle due esigenze prevalga sull'altra.
Etichette: agcom, diritto d'autore, domande, siae
1 Commenti:
Io volevo rispondere solo alla domanda 10:
<< Perché, secondo alcuni, non abbiamo il diritto di difendere il frutto del nostro lavoro, non possiamo avere pari dignità e dobbiamo continuare a essere “figli di un Dio minore”? >>
Voi ringraziatelo tutte le mattine quando vi svegliate, questo Dio minore, perchè se in questi anni avessimo vissuto secondo valori laici, nel libero mercato, organizzando il nostro vivere sociale seguendo principi razionali, e non secondo la logica feudale e clientelare che ha sempre contraddistinto il nostro paese e la feccia delle sue corporazioni, a quest'ora il monopolio SIAE avrebbe fatto posto già da tempo a un modo più congruo per i fruitori e più soddifacente per gli autori di far valere i rispettivi diritti. Daltronde i firmatari delle 10 domande sono tutti decrepiti, i più giovani già da un po' si regolano in altri modi per "difendere il frutto del loro lavoro."
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