Stravaganti tesi difensive
Finalmente sono riuscito a leggere la sentenza della Cassazione (Cass. Pen., Sez. V, sentenza 8824/2011) che ha confermato la condanna per diffamazione nei confronti di un soggetto reo di aver formulato espressioni sconvenienti su un forum nei confronti di un terzo.
L'elemento di "novità", o quanto meno più allettante per la stampa, era che il soggetto in questione fosse stato individuato a partire dall'IP associato alla propria utenza telefonica, avendo usato sempre un nickname nelle sue discussioni sul forum citato.
La vicenda ovviamente è più complessa, giacchè sarebbe sbagliato affermare tout court che sulla base della sola associazione IP / contratto di utenza telefonica possa affermarsi la responsabilità penale del titolare del contratto per le azioni compiute utilizzando tale utenza.
Invero, come si legge in sentenza:
"L'accertamento tecnico - a cui la corte ha attribuito forza persuasiva con una articolata valutazione assolutamente incensurabile in questa sede- ha posto in luce che a) il numero identificativo sulla rete internet mondiale è assegnato in via esclusiva ad un determinato computer connesso; b) un altro utente delle rete, per realizzare l'intromissione modificativa,dovrebbe esattamente conoscere dettagliati particolari di tempi e modalità della connessione in cui intromettersi; c) questo scorretto utente avrebbe dovuto compiere una complessa e difficile serie di interventi finalizzati all'eliminazione di tracce dell'irregolare intervento invasivo. La corte ha ritenuto contrario al senso comune che tanto impiego di tempo e tanto impegno tecnico siano stati profusi da questo sconosciuto per offendere i B.
La corte ha poi messo in luce - ai fini dell'identificazione del responsabile - che nella famiglia dell'imputato, il solo figlio era capace di utilizzare internet, ma non conosceva l'esistenza del "Forum", né l'username per accedervi. L'identificazione nel M. dell'autore del messaggio offensivo è stata confermata dall'accertato movente costituito dal dissidio esistente tra questi e la famiglia B. - D.B. oltre che con lo stesso V..B. "
La corte ha poi messo in luce - ai fini dell'identificazione del responsabile - che nella famiglia dell'imputato, il solo figlio era capace di utilizzare internet, ma non conosceva l'esistenza del "Forum", né l'username per accedervi. L'identificazione nel M. dell'autore del messaggio offensivo è stata confermata dall'accertato movente costituito dal dissidio esistente tra questi e la famiglia B. - D.B. oltre che con lo stesso V..B. "
Merita un cenno il passaggio della sentenza sulla tesi difensiva dell'imputato che strappa un sorriso:
"La corte, con adeguata e articolata argomentazione tecnica ha dimostrato il carattere irreale e irrazionale dell'assunto difensivo secondo cui un inverosimile personaggio si sia impegnato a trasformare un lecito messaggio del M. in uno strumento aggressivo e lesivo della reputazione delle parti civili".
Etichette: cassazione, diffamazione, ip, sentenza
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