Consiglio di Stato: la vendita dei diritti non concorre alla determinazione del canone concessorio
Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza n. 7130/2010 del 23 settembre u.s, ha stabilito (riformando la sentenza di primo grado) che il fatturato rilevante ai fini della determinazione dell'ammontare del canone concessorio dovuto dalle emittenti radiotelevisive è soltanto quello soltanto riferibile direttamente all'esercizio dell'attività radiotelevisiva.
"Non si può fare a meno di rilevare", osserva il Consiglio di Stato, "che l'intento legislativo, come già desumibile dal dato letterale, è stato di ancorare la determinazione del canone al fatturato che il titolare della concessione realizza in virtù dell'esercizio del titolo abilitativo pubblicistico (di guisa che il canone per le concessioni radiotelevisive private si configura come strumentalmente e funzionalmente collegato con l'esercizio dell'attività radiotelevisiva)".
Seguendo questo ragionamento, allora, "non potrebbero aggregarsi alle prestazioni capaci di generare il fatturato utile alla determinazione del canone concessorio i ricavi conseguenti ad attività diverse, esercitabili anche da soggetti privi di concessione, come i ricavi originati da servizi resi su frequenze satellitari o la vendita di diritti relativi a programmi o pacchetti di immagini che il concessionario detiene non in ragione della concessione e che cede a soggetti per la loro diffusione sulla piattaforma satellitare. Del pari estranei alla categoria del fatturato rilevante ai fini che qui interessano devono ritenersi i ricavi relativi ad attività di doppiaggio o quelli che riguardano la vendita di cassette VHS, in cui è evidente la mancanza di collegamento strumentale con la concessione televisiva".
Etichette: canone, concessione, consiglio di stato, emittente, fatturato, televisione
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