martedì, novembre 24, 2009

PEC: l'avvocato la sera può togliersi la toga?

A pochi giorni dalla scadenza del termine fissato dall'articolo 16 della legge 2/2009 per la comunicazione al rispettivo ordine dell'indirizzo di PEC di cui l'iscritto è chiamato a dotarsi, c'è ancora un aspetto che mi lascia perplesso, o meglio ce n'è uno tra i tanti che mi lascia maggiormente perplesso.

L'avvocato può anche essere un comune cittadino o è destinato, per legge, a mantenere la qualifica sempre?

Mi spiego meglio.

L'articolo 16 citato ha previsto al comma 9 quanto segue:

"9. Salvo quanto stabilito dall'articolo 47, commi 1 e 2, del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le comunicazioni tra i soggetti di cui ai commi 6, 7 e 8 del presente articolo, che abbiano provveduto agli adempimenti ivi previsti, possono essere inviate attraverso la posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica di cui al comma 6, senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilita' ad accettarne l'utilizzo."

Dunque per le comunicazioni tra PA, imprese e iscritti ad albi o ordini opera una vistosa deroga rispetto ad un principio cardine del D.P.R. 68/2008, quello in forza del quale la PEC è in grado di produrre compiutamente i suoi effetti solo allorquando ci sia stata una espressa dichiarazione di "consenso" ai fini di ciascun procedimento o rapporto giuridico (articolo 4, comma 2 D.P.R. 68/2005).

Per il comune cittadino la regola continua a valere, tant'è che nel D.P.C.M. sulla c.d. PEC di Stato (la CEC-PAC) vi è un'espressa disposizione che sancisce che l'attivazione della casella comporta l'espressione del consenso alla ricezione degli atti inviati dalla P.A.

Ora il problema che mi pongo è: qual'è il limite del consenso imposto ex lege dall'articolo 16 ai professionisti?

A mio avviso non può che essere circoscritto all'attività professionale, con la conseguenza che la P.A. non potrebbe notificarmi via PEC (prelevando, come la norma gli consente, il mio indirizzo dall'elenco messo a disposizione dall'Ordine), senza un esplicito consenso da parte mia, una contravvenzione per divieto di sosta.

Rispetto a ciò che esula dall'ambito professionale devo poter tornare ad essere un comune cittadino, pena una intollerabile disparità di trattamento.

Gli avvocati hanno diritto di togliersi la toga.

p.s.: questo post è il frutto di una piacevole chiacchierata con Massimo Melica, il cui stimolo nella e alla riflessione è impagabile.


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2 Commenti:

Alle 11:34 PM , Anonymous Jacopo Di Giovanni ha detto...

Non potrai toglierti la toga, e inoltre dovrai avere anche un indirizzo di PEC @ordineavvocatiroma.org, se vuoi chiedere copie di sentenze o decreti ingiuntivi al giudice di pace di Roma.
Avevi già un indirizzo PEC? Peggio per te: devi attivare pure quello dell'Ordine!

 
Alle 9:29 AM , Blogger Marco Scialdone ha detto...

In effetti questa cosa del Giudice di Pace di Roma è un piccolo grande scandalo.

Da quello che ho letto in giro, è una situazione provvisoria. Non che questo tranquillizzi visto che in Italia il provvisorio spesso diviene definitivo.

Vedremo che succede.

 

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