Non tutto è cultura
Ieri su "Il Sole 24 Ore" è stato pubblicato un interessante articolo a firma di un amico e collega, Andrea Stazi, dal titolo "Cultura digitale, un mercato ancora da definire".L'articolo ripercorre le ultime vicende relative alla regolamentazione della creatività in ambienti digitali.
C'è un passaggio che ho particolarmente apprezzato perchè tira via un pò di (dannosa) ipocrisia dai discorsi che si sentono in giro: "...i video immessi in rete dagli utenti traendoli, ad esempio, da trasmissioni televisive protette da copyright rappresentano "cultura digitale"? A questa domanda si potrebbe rispondere spesso no, tutte le volte in cui questi contenuti risultano opere creative di mero intrattenimento.... Per simili ipotesi, non sembrano venire in rilievo la libertà dell'informazione o della cultura..."
E' una posizione che condivido fortemente e che ho già espresso in occasione della vicenda The Pirate Bay.
Il fatto che il copyright venga utilizzato come novello strumento di censura è sempre più evidente. Tuttavia, per poter essere credibili quando lo si denuncia, bisogna anche essere categorici nell'affermare che, ad esempio, la rimozione da youtube dei video de "I Cesaroni" non c'entra niente con la libertà dell'informazione e della cultura.
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